
Si. Sono io il re del mondo.
Basta saltare sulla sedia gridando "giomp!….ai sei giomp ai sei ouououo..ai sei giomp" e sei subito in sella al pianeta. Che tanto i van halen sono sicuramente scandinavi e la pronuncia non la so. Basta fare un trenino con le poltrone girevoli dell’ufficio, e chiamarle per nome, tutti in un girotondo di amore e amicizia e felicità e cetera. Che non muovo il collo manco fosse incementato sulle spalle a far blocco unico (sarà che m’è sceso il tartaro sulla carotide, vallo a sapé), tutto per aver dormito ieri pomeriggio con ivano* con testa obliquamente disposta sul poggiabraccia, membra rovesciate a pancia sotto e braccino che penzola triste sul terreno, con primo passaggio indolenzimento, poi colorito blu, poi cancrena. Boccuccia aperta e zeta sibilante che esce, modello baloon, dalla testa bionda arruffata, che non si capisce ndo sta la faccia, manco fossi la barbie contorsionista. Una bella immaginetta per demolire l’immagine sexy dei miei lettori.
(*ivano, il divano)
Eh si. Avevo tutte le mie energie rock (che io sono rock, minkia se sono rock, vacca boia se sono rock!) e il chiodo del liceo, tolta la polvere e qualche tarma, ancora in tinta con la minigonna dell’epoca, con pericolosi automatici che la chiudono, indi respirare con cautela che non c’ho più vent’anni. Ero capace di fumarmi un pacchetto di Malboro cattive anche, bere birra (la weisse del lidl, che la ainechen non è mica rock!) e provare a vincere il torneo di rutto modulato con un’interpretazione delle quattro stagioni ( senza peperoni).
E invece niente. Mi son rassegnata sul divano, ebbra di film altamente positivi come "shakespeare in love", e relativo pianto di commozione. Ma diciamolo, mi son commossa anche durante il documentario su Tortora, col refrain della rubrica di Portobello "dove sei". Minkia, il dove sei.
Ho detto, reagisco. Alzo le sedie della cucina, e giù di mocio. In sottofondo, esecuzione commuovente a cappella di Roxanne, con tono semiubriaco all’abbisogna. Al quindi Roooocccseeeen la mia gatta inizia a lanciarmi a sputo, uno ad uno, i sassolini della sua lettiera. Desisto.
Prendo la bici, con un sole maiale, che io e Cacciari e il De Luca ci mangiam le mani pensando che si poteva stare a far la hola per Vasco, a sta ora. Il nano sborone mi passa sfrecciando, improvvisiamo una sfida stile peppone-doncamillo. Non ci sono chiari i ruoli.
D’improvviso mi scuote la coscienza questo mio non sapere più quale che sia la mia fede politica. Dopo un paio di secondi di smarrimento, mi ricordo che c’è sempre Pannella, che non si sa mai dove cazzo stia, ma c’ha sempre ragione anche se non lo vota mai nessuno. Oh yeah.
In parco il nano trova un altro nano, fanno combutta e mi coinvolgono nell’innovativo gioco del chi ce l’ha. Ribadisco che io ce l’ho, e pure d’oro, ma i bimbi non capiscono. O meglio, mio figlio capisce, e mi batte sulla spalla come un’infermiere del reparto psichiatrico. La madre del nano acquisito attacca bottone, partendo dal che ore saranno, per poi parlarmi della sua crisi matrimoniale. C’ho scritto "parlami dei cazzi tuoi" in fronte? Forse si. Il marito non la bada, non la ascolta mai, ha altri hobbies e non pensa altro che a quelli, non sta mai con lei e i figli e passa più tempo in ufficio e in palestra che altro.
Le dico "su, vedrai che passa, è la crisi dei 45". In realtà dovrei dirle "su, vedrai, s’è fatto solo l’amante".
Torno a casa cantando Help dei Bitols, a tre voci, cercando di sfidare la velocità del suono per farle combaciare, e modestamente ci riesco. Mio figlio mi guarda compatendomi. Che c’ho l’anima rock, e voi non mi capite.