
C’è l’odore dell’asfalto bagnato, una pioggia fresca che evapora appena tocca terra. Sposto le piante sul limite del terrazzo, mi par di sentirle riconoscenti per quell’atto di grazia.
Il rumore delle patate che arrostiscono, il profumo di un arrostino per due, la tavola apparecchiata con tanto colore. La gatta arrotolata sul cuscino di una sedia, pretende una carezza ogni volta che le passo accanto, e sta nella più completa pace dei sensi. Sono le prime sere estive, le televisioni accese che parlano dalle finestre dei vicini, rumore di piatti e posate, e di bambini che non vogliono le verdure.
Gabry tra un po’ arriva. Devo essere seria. Ci provo. Ma diamine, canticchio mentre taglio il rosmarino per le patate, sono intrattenibilmente allegra. Devo sgridarlo, ha steso un compagno di banco, con un dritto. Anche alla maestra è scappato un sorriso, nel dirmelo… che Stefano un dritto glielo si darebbe volentieri solo a vederlo. E’ antipatico epidermicamente.
Il mio bambino, quello che vuole le coccole sul divano, quello che mi lascia i bigliettini coi cuoricini sotto il cuscino, quell’angioletto biondo…è un wrestler. E’ il John Cena dei poveri. Insomma, è l’uomo tigre (che lotta contro il male). Un dritto, ha detto, han litigato e Gabry si è scocciato, e l’ha steso. Mitico.
Si, lo so. Devo farmi sparire st’espressione orgogliosa dalla faccia. Che non si alzano le mani, no che non si può. E la maestra ha fatto bene a metterti una nota, e non si litiga, e si ignora. Che poi anche mamma tua gli darebbe un destro…No, controlliamoci, perdiana.
Suona il citofono, arriva Gabrielkid con dietro mio padre, la cartella e uno sguardo imbarazzato. Il gabry ha una sorpresa….sisi ma adesso lavati le mani.
Mio padre mi chiede delle maestre, disquisiamo sul fatto che BENVENGA che non sia lui a prenderle, che la violenza non paga, che deve capire che ha sbagliato e blablabla.
Spunta fuori, già in pigiama e col sorrisone in faccia, il piccolo terrorista. Oggi a Karatè ho fatto l’esame, mamma, sono cintura verde!!… e mi sbandiera, tutto contento, il feticcio smeraldo che si è conquistato con tutti i cinque kata. Non ne ho sbagliato uno, mamma, son stato bravissimo.
E mo’ che gli dico.
Povero Stefano.