Piazzale Roma alle sette di sera è un esercito di fretta di tornar a casa. Tutti sanno dove andare, quando arriva l’autobus giusto, qual’è il punto preciso dove poter salir per tempo e vincere la gara per il posto a sedere. Michele è in lieve ritardo, io mi godo il panorama. Noto che la giacca invernale preferita ha toni scuri. E che i motoscafisti ACTV sono ancora di Pellestrina, con una cantilena simile al torinese, che fa molto campagna. Lo penso a bassa voce. Che quelli mi menano.
Non ho tempo per godermi la laguna: Michele mi mostra le parti in battello, noto con rammarico che sono declassata a strumento armonico: solo sigle, nemmeno uno straccio di pentagramma. All’imbarcadero del Lido, ad attenderci, la cantante designata, imbacuccata a prova di bora. Le cantanti fra loro si odiano, ma lei non sa…. io son solo flauta qui (e armonica, tra l’altro). Stiliamo un accordo simpatia.
Il resto del comitato accoglienza è formato da un batterista barese trapiantato a Venezia, nell’unica lingua di terra attezzata con le auto. Di base mi starebbe sulle balle, per avermi fatto attraversare la laguna, ma vedere come stacca il tempo (il batterista che stacca il tempo? ma chi siamo, i bee-hive?) uan-ciu-tri-for, regolarmente prendendola più lenta, lo rende tenero. Io e Mik facciamo gli sboroni.
La cantante ha una vocina piccina piccina, ma un timbro bellissimo, delicato, e una pronuncia brasilera convincente. Nonchè, cosa importante, molto disciplinata, obbediente. In soldoni, non rompe il cazzo. Anzi.
Iniziamo la prova. Ognuno studia l’altro, per non pestare i piedi, per chiarire le gerarchie, per determinare chi fa il solista, chi gli assoli, chi chiude, chi dà gli stop. Tutto ciò si fa senza dir nulla, di solito.
Di solito.
Mik parte con un pedale sulle prime battute. Parte la cantante. Il contrabassista ci ferma, lui è già a metà pezzo: non ha capito sta cosa del pedale. Ripartiamo.
Pedale, parte la cantante. Fa il primo riff, poi parto io con l’improvvisazione, ma il contrabassista ci ferma: e il pedale?…ehm, il pedale solo all’inizio, dai su.
Ripartiamo.
Pedale, tema della cantante, solo mio, poi riparte la cantante e ci incrociamo un po’ , fino a finire. Seh, finire. Sul finale, spontaneamente, facciamo tre volte l’ultimo tournaround, papale papale. Ehm. Il contrabbassista si ferma, scosso. Ma come, sul disco dell’86 con Judy Garland riinciso da Cristina D’avena con l’orchestra filarmonica di Catanzaro Veneto, finiva con una quinta bemolle e un fa doppio diesis al basso.
Cerchiamo una giustificazione diplomatica, avvallando teorie a vicenda, proviamo nuovamente le tre volte di tournaround. Alla fine dobbiamo pure scriverlo come coda sulla parte. Bene, il contra è felice ora.
E’ solo il primo pezzo. Michè decide che non improvviserà, me lo dice telepaticamente. Io farò cinema, grandi assoli musichevoli e controcanti con la cantante. E finali scritti in sovraimpressione, con una presentatrice sordomuta a descriverli agli astanti. Ce la possiamo fare.
Finiamo la prova con metà programma ancora da vedere, e la mia decisa impossibilità a non farne altre. Azzardo candidamente " massi, gli altri pezzi qui…. son altri di Jobin, insomma vengono lo stesso, venerdì, senza provarli, basta guardarsi. Poi su, si fa sempre così…l’insieme c’è…" .
Il contra mi sbrana. Nononono, il disappunto è solenne, ah io non son abituato, tutto dev’essere perfetto, dobbiamo provare tutto per mesi (per una serata?). Mik media egregiamente, incastra una prova prima del concerto anche in mia assenza ("tanto no ti ga ti i problemi…ehm") e salva capra e cavoli.
In battello, tornando in terraferma, il contra mi riempie di lodi, ah come gli piace come suono. Sembra convincente, per un attimo penso che mi abbia chiamata perchè sono una musicista da urlo, e non perchè son bionda. Recuperiamo anche una seconda serata, col gruppo nostro. Mik è un sindacalista nato.
Finalmente soli, mi dice soltanto "….beh dai….pensavo peggio…". Ridacchiamo un po’. E concordiamo col fatto che noi, all’inizio, eravamo uguali al contra. Stracciapalle, senza l’esperienza di gestire il palco, senza gran paure del non aver tutto scritto o deciso, fermando la prova per mille scemenze, perdendoci e andando in panico. Soprattutto quando si ha un’estrazione classica. Si, prima eravamo proprio uguali al contra.
Oddio. Io ero molto, molto più figa.