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Ho un concerto.

Ho un concerto.

Amici: HO UN CONCERTO.
Mi vien da piangere dalla commozione. E no, non è una battuta.

Non so nemmeno se mi sento pronta, se sono ancora capace.
Ho una serie di paure, dimenticherò le strutture, sbaglierò quel tema, andrò a fragole in quel giro di solo, chissà se verranno ancora a sentirmi, tutti pensieri che addirittura superano il “che cazzo mi metterò che ormai vivo in felpa”.

In questo momento mi rendo del tutto conto che cosa ci è passato addosso, cose che non abbiamo detto, non abbiamo pubblicizzato ne’ confidato a nessuno: quel dolore sordo, perdere la nostra identità, il nostro essere, il motivo per cui ci si svegliava la mattina. Sono un musicista, ma se non suono allora cosa sono?

Quando Paolo mi ha confermato la data mi è partita la paura, l’inadeguatezza. Io, che ho una faccia di bronzo da sempre, che ho fatto il primo concerto a 8 anni, io inadeguata. E poi, pian piano, la paura di illudersi, magari ce lo annullano di nuovo, cazzo e se mi ammalo?, metti che piove, e via così.

Io indietro non voglio tornare. Io nemmeno voglio voltarmi, a guardar dietro, a quel giorno in cui vedevo solo concerti annullati, di tutti, dai piccoli ai grandi, tutti a casa. E fan culo ai balconi e ai video-collage suonati a distanza. Fatemi suonare per voi.

Ora vado a studiare.

Poi compro una felpa nuova. Coi lustrini.

Il peggior nemico di te stesso sei te, te stesso che non sei altro.

Il peggior nemico di te stesso sei te, te stesso che non sei altro.

Stai lì in mezzo e pensi, boh, sono in pericolo. Non sai se andare in un verso o nell’altro, non hai nessuno a fianco, son andati già avanti, o indietro. Non sono più a portata di voce.
E allora, allora che cazzo fai.
Potresti trovare un’uscita, o un’entrata. Oppure star qui, ferma, aspettare che arrivi qualcuno, o magari un’idea decente, o crepare e basta.
E allora passi il tempo: se crepo chi si preoccuperà? Minchia, nessuno.
Forse i gatti. Gli amici scriveranno post in bacheca, condivideranno foto, era così un raggio di luce, rimarrai pesssempre nel mio cuore, come no.
Quanto durerà, una settimana? Non sono un cazzo di nessuno, non faranno concerti in mia memoria, ne’ festival, ne’ borse di studio, ne’ aule di conservatorio. “Ah s’, quella lì, bionda, ma è morta anni fa no?”.
Il “ma è morta”: cosa cazzo ti frega? Son figa anche da morta. E lo so che diranno “bionda” e “morta” nella stessa frase.
Ma prima dovranno trovarmi. Sempre che si accorgano che son qui.
Sempre che si accorgano che son scomparsa. Che non son più lì fuori, o lì dentro.
L’unica è aver lasciato un riferimento. Un riff. Un campione. Qualcosa che casualmente portasse a “..a proposito… ma quella bionda che…” “ah ma è morta?”.

Posso solo sperare che prevalga la faccenda del “era una bella persona, pagava sempre la Siae, solare/pazza/piena di vita”. (Prima, ‘che adesso è piena di morta).
(Morta, con la a, esattamente).
Metti che ne scrivano un articolone. Metti che non ho la sfiga di crepare in un giorno in cui c’è un’altra notizia più figa. E quindi “donna scompare/signora di mezza età/mamma/professoressa di flautoh/blogger” e magari “col sogno della musica”, per giustificare il fatto che non son famosa come Ligabue.

Okay, non val la pena crepare. Più la cosa del titolone che la morte in se’.
Bisogna uscirne. Trovare un modo. Capire perché diamine, ogni tanto, ci si sotterra nei pensieri, sotto strati di cose che pugnalano perché ci si ostina a vederle dal lato della lama.

Quella cazzo di lama. Ci si specchia dentro la tua età, i tuoi sforzi per costruire qualcosa che non è mai abbastanza. E te la infili nel costato senza che nessuno ti spinga, come se il masochismo fosse la miglior cura per poterti rialzare.

E bon, ti alzi. Tipo automatismo, o forse hai solo freddo. Quindi ti alzi. Ed esci, o entri. Vai avanzi per inerzia, fiato pesante, corpo pesante, testa di ghisa senza una idea decente che sia una. Barcolli, strisci, ti disperi, piangi, sudi, puzzi. Ma smetti subito, perché “donna morta – puzzava pure” è un titolo del cazzo, quindi ti concentri e stimoli le ghiandole ad espellere vaniglia, liquirizia, incenso, anche sapone di marsiglia all’occorrenza.

Eccoli qua (sti bastardi) gli altri. Manco si girano. Li vedi, manco s’accorgono che sei arrivata, tu e l’iperventilazione, hai l’affanno dei tuoi pensieri che boicottano ogni sogno, ogni obiettivo possibile. Il peggior nemico di te stesso sei te, te stesso che non sei altro.
I bastardi continuano a fumare, a parlar tra loro. Manco si sono accorti che non c’eri. E allora fai finta di niente, come quando inciampi e fai i due passetti di corsa come se tutto fosse calcolato.

E tiri innanzi.


No, non c’entra niente la speleologia.

Convenevoli del nuovo anno

Convenevoli del nuovo anno

Aborro i messaggini, gli auguri, le decorazioni natalizie, ma sono nata in un ambiente di convenevoli obbligatori e quindi fate finta che a me piacciano un sacco gli (no, non mi piacciono, pace).

Comunque: questo periodo sta volando via e ho una robetta natalizia da condividervi, fatta con gli amici del Montegrappa Tandem Team.
Marta (mia compagna di classe al Liceo e trombettista meravigliosa) mi ha/ci ha coinvolto in sta cosa (incredibile, non sembra si trovino musicisti che vogliano lanciarsi col proprio strumento appesi al parapendio) e ci siamo attivati a tal proposito con arrangiamentino del Paolo (imparato a memoria o incollando lo spartito alle gambe, come ha fatto Ivan…), auricolari con bpm preciso, strumenti legati e simpatia che lèvate.
Insomma, una roba bella. Figa. Non noi che suoniamo, ma il lanciarsi in parapendio.

Il concetto è: fatelo. Fate le cose che vorreste fare, trovate chi le farà con voi, fatele da soli. Fatele.

Troviamo sempre tempo per pulire il mobile sotto il lavandino, quello dietro il secchio della spazzatura. Per rispondere al telefono allo stracciamaroni che non vi mollerà per ore. Per la cena con amici con cui non hai più nulla in comune. Per struccarvi la sera perché NO OKAY QUESTO NO (io amo i panda).
Ebbene io ho deciso di trovare il tempo di fare le cose che mi va di fare, non ho tempo perché spreco tempo, ma non ammetto che è tempo sprecato perché aggrovigliata dai sensi di colpa del “devi fare”. Ma de che, de che.
Libertà. Vivete davvero liberi, liberi da voi stessi e dalle vostre paranoie.
E tanti cari saluti eccetera eccetera.

 

Come tutelare la propria musica senza passare dalla Siae

Come tutelare la propria musica senza passare dalla Siae

Siae, non Siae, collecting estere, collecting italiane alternative… Troppo spesso ti passa la voglia di comporre. Approfitto della chiacchierata con Luca Ruggero Jacovella* su Soundreef della scorsa puntata, per provare a trovare una soluzione utile per i giovani autori.

Intanto: scrivo musica, sono giovane, vorrei tutelare le mie canzoni: devo per forza iscrivermi alla Siae?

No. Il costo annuale di iscrizione alla Siae non è ammortizzabile con i proventi dei borderò dei concerti, soprattutto per giovani autori che compilano prevalentemente borderò rossi (che non corrispondo a “riscossione certa” dei diritti) e che hanno difficilmente passaggi in radio o tv (attenzione: se il vostro brano passa in una radio locale, ed a volte anche in alcune nazionali, i diritti sono anche in questo caso non analitici. Ovvero, la radio paga un forfait di diritti che verranno distribuiti agli autori che “vengono trasmessi più frequentemente”, italiani e stranieri. Quindi, niente corresponsione certa, a meno che non siate Beyoncé).

Quindi servono alternative. Chiediamo a Luca.

  • Luca: Oggi è possibile tutelare le proprie opere dal plagio, ovvero poter dimostrare agevolmente la paternità delle stesse, in maniera telematica, a costi ridottissimi, e senza passare per SIAE (i cui costi anche per questa tipologia di servizio sono molto alti). Le principali soluzioni che conosco sono due: Patamu.com (piattaforma di deposito che collabora con Soundreef), e Tutelautore.com (portale di uno studio di avvocati). Entrambe rilasciano una “marca temporale digitale”, che, attraverso un sistema di crittografia, lega in maniera univoca l’opera (musica, poesia, saggio …) ad una data certa.
    E’ possibile anche scegliere il tipo di licenza con la quale diffondere l’opera, se in copyright tradizionale o “creative commons”. Patamu chiede un’offerta libera, mentre Tutelautore chiede solo 1 euro per ogni deposito di opera.

Una volta si diceva che bastava autospedirsi in raccomandata una busta con dentro i propri brani incisi, tenendola chiusa come prova. Ora si aggiunge che basta una registrazione di un live, magari pubblicato su YouTube o Vimeo o Soundcloud… Proviamo a chiarire bene la questione? Lo spauracchio del “plagio”, peraltro ben complicato da dimostrare in un tribunale, è un problema molto sentito.

  • Luca: la legge sul diritto d’autore, per quanto obsoleta in alcune cose, riconosce però la paternità della creazione (da cui il diritto dell’autore) nel momento stesso in cui nasce l’opera, senza alcuna formalità.
    E’ chiaro che però tale paternità va dimostrata, in caso di plagio. Anche la testimonianza di qualche ascoltatore potrebbe far fede. Per cui ogni strumento o testimonianza possono essere sufficienti, come anche la pubblicazione di una registrazione, di un video… ma ritengo non siano strumenti o supporti eterni: la pagina di pubblicazione del video potrebbe essere cancellata, il server di un sito potrebbe sparire…
    Per cui, ribadisco, la “marca temporale” è la migliore soluzione, agevole, sicura, economica e moderna. Anche con 1 solo euro di costo per un’opera intera. 

Aggiungo il fatto che non essere autori Siae ha una ulteriore facilitazione: suonando solo brani propri si può evitare il pagamento del borderò da parte dell’organizzatore del concerto, trattando direttamente il compenso per i propri diritti, rilasciando una certificazione che dichiari che i propri brani non appartengono al repertorio Siae

Luca, ma tu che ci bazzichi spesso ed hai il polso della situazione… com’è il clima in Siae? Davvero stanno cambiando le cose?

  • Luca: In SIAE ci sono almeno due “anime”: chi davvero sta lavorando alacremente per riformare tanti aspetti (da una più fedele ripartizione pensando ai “piccoli” autori, dal borderò elettronico all’abbassamento delle quote, ad un sistema più moderno e trasparente), e chi invece, per natura professionale o sensibilità diciamo “diversa”, pensa di più alla gestione economica della Società, attraverso investimenti immobiliari e quant’altro…
    Tra le persone emerite, vorrei menzionare Alessandro Angrisano, membro del Consiglio di Sorveglianza e Presidente Acep.
    In sostanza, qualcosa si sta muovendo, ma i tempi sono molto più lenti di quanto avviene in società più moderne e più piccole.

Okay. Attendiamo fiduciosi.

*Luca Ruggero Jacovella, musicista, consulente tecnico in Musica per il Tribunale di Roma, ha redatto un appello pubblico e relative linee guida per il riconoscimento del diritto d’autore nelle improvvisazioni jazz. Collabora con SosMusicisti

(Avete domande o volete delucidazioni? Chiedete, nei commenti, e vi sarà risposto. Guai a voi se vi lamentate di Siae, però, eh. Qui cerchiamo soluzioni, mica rissa…)

#siaenograzie – gli appuntamenti a Mestre, 12 aprile 2014

#siaenograzie – gli appuntamenti a Mestre, 12 aprile 2014

1277865_10152248080194706_2134413700_oCi siamo, sabato è il 12 aprile.

Il buon Andrea Caovini è riuscito, sbattendosi abbastanza, a fare rete, a riunire noi musici di buona volontà ed esercenti di altrettanto buona volontà per organizzare una serie di eventi, tutti appunto nella giornata del 12 aprile 2014, sotto l’egidia del diritto d’autore, come diritto degli autori e non come proprietà della Siae.

Sia chiaro. Io non ce l’ho con la Siae. Sono un’associata, figuriamoci se. Faccio solo tutto il can can possibile perché voglio provare a cambiarla. A renderla trasparente, innanzitutto, quindi facendo informazione, e poi provando a spingere, assieme a molti altri, verso una vera svolta.
Una svolta con la testa dei musicisti, quelli che lavorano nel 2014, non quelli salvificati da un successo radiofonico negli anni 60/70/80, e che ora campano con il pagamento degli altrui borderò.

Quindi: la lista dei locali e musicisti che hanno aderito e relativi eventi la trovate qui, l’evento generale su facebook da poter condividere è invece quest’altro . Ricordate, ogni condivisione, like e partecipazione fa aumentare la risonanza dell’iniziativa (indicizzando la cosa). Quindi, se non potete partecipare almeno fisicamente, fatelo coi social: facciamo girare. Facciamoci sentire.

A Mestre (casa mia insomma) due locali e molti musicisti hanno autonomamente organizzato due eventi distinti. In entrambi i casi tutto ciò che verrà suonato è esente da qualsivoglia richiesta di pagamento di diritti d’autore: sono tutti brani in common creative, o improvvisati, o della tradizione. Io mi sto attivando per partecipare ad entrambe le jam che seguiranno ai concerti principali.

Siete tutti caldamente invitati, amici musici, sul palco; pubblico sostenitore (che paga la Siae su ogni device che acquista, siamo tutti azionisti eh..) in platea a dar man forte.

 

Il primo appuntamento in ordine di tempo è dalle 18 al Palco

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“All’ora dell’aperitivo sabato 12 aprile: ad una resident band acustica, formata dal trio EVE (Elisa Vedovetto-Francesco Clera-Federico Della Puppa) e da Anna Maria Dalla Valle, si aggiungeranno via via altri musicisti che hanno già aderito all’evento, tra i quali Roberto Borghetto, Paolo Corsini, Toni Costantini, Michele Russo e altri che si aggiungeranno in una jam acustica nella quale agli echi ambient e spiritual jazz si sommeranno brani classici esclusi dal diritto d’autore, avendo superato la soglia dei 70 anni”

(cliccate sulla fotina per aderire all’evento su FB e per farlo girare)

 

 

Dalle 20 parte il secondo evento, al Palaplip di Mestre:  “ANKENO’ – Serata live per i diritti d’autore, contro i doveri d’autore”.

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20:30 –Mr. Wob & the Canes. Voodoo blues
21:30 – Salvi & Liberi Subito. Neoplasia veneta su corpi in decadimento
22:15 – Fabio Zona e i Supernova feat. Acoustic Spirit. Rock d’autore from Roma
Jam session finale

(cliccate sulla fotina per aderire all’evento su FB e per farlo girare, ve l’ho già detto prima!)

 

Condividete. Avvisate amici, stampa, chiunque possa esser utile.

Usate l’hastag #siaenograzie per dire la vostra, su twitter, su facebook.

E se passate ai due eventi qui sopra, passate a salutarmi.

 

…e quelli che son ancora vivi, non sono CULTURA?

…e quelli che son ancora vivi, non sono CULTURA?

Ve la ricordate la mia lettera al Ministro?…..
Son passati mesi ma il Ministro Bray (ma mica solo lui eh) nulla ha fatto per la musica.
Sia chiaro, di Siae si è occupato: con la Siae, per l’appunto. Un bel tavolo di lavoro, incrocio di intenti. Agevolando i diritti della Siae, che è discorso ben diverso da “diritto degli autori”, soprattutto noi inezie di piccoli autori, che per chiara espressione di Siae non siamo considerati. Infatti la mia bella letterina, rimbalzata in ogni dove, ha contribuito ad aprire un dialogo attivo tra il Ministro e… la Siae.

Ma maledetta quella volta.

Noi che, anche se meriteremmo il borderò blu, abbiamo quello rosso. Ovvero, noi che nemmeno meritiamo la distribuzione analitica dei nostri diritti. Usati anche fino a sto punto.

Ovviamente la legge sulla Musica dal vivo è stata  l’ennesima presa per i fondelli: nulla, nulla, nulla è cambiato per noi.  E’ stata invece una facilitazione (legittima, sia chiaro) per gli uffici comunali. Ma è stato disonesto passarla come mossa a favore dei musicisti, specificatamente associata al mio appello.

Ne’ il ministero ne’ altri, eh. La scorsa settimana un deputato di Scelta Civica ha interpellato il Ministro riguardo una revisione delle leggi (del 41) sul diritto d’autore… sì okay, bene. Pensiamo a mettere in sicurezza la nave. Peccato che la nave già è affondata.

Sono affondati tutti i sogni di giovani studenti di conservatorio, ad esempio: non hanno alcuna prospettiva, ne’ contratto di lavoro, ne’ futuro pensionistico, ne’ d’insegnamento, e a causa della crisi di amministrazioni locali o situazioni private che organizzavano concerti, nemmeno la possibilità di fare concerti a nero.

Sono decimate le scuole di musica, perché non considerate fondamentali come le attività sportive extrascolastiche (vi ricordate? il Ministro mi ha risposto parlando di Licei Musicali, ignorando completamente una realtà straordinaria e coraggiosa di docenti di musica che insegnano a tutti, anche agli stonati, perché la musica è un diritto, non un dono!). I docenti, che guadagnano 11 euro l’ora, devono farsi una partita Iva, ….. fallendo l’anno successivo.

Idem per i musicisti… come se non si sapesse che il nero impera, purtroppo per noi, grazie al budget dei concerti che prevede la fetta più grossa (con tariffe INAUDITE) alla Siae.

Sono arrabbiata. Ah sì. A’ voja. Perché non c’è alcun interesse a salvare I VIVI oltre ai monumenti di Pompei. Perché se si parla di cultura, si parla di monumenti. Cose da inaugurare in pompa magna.

Di noi poveri cristi, che non abbiamo bisogno di un restauro ma solo di esser messi in condizione di poter solo FARE IL NOSTRO LAVORO, non frega una mazza a nessuno. Cancellati da discorsi e prospettive future.

I musicisti stanno morendo. La cultura, quella che crea, che insegna, muore.
Ve lo meritate, Joe Bastianich in concerto al Blue Note. 

 

quelli come me

quelli come me

C’è un pianeta in cui vanno a finire i musicisti.

E’ enorme, per contenere tutto il loro ego. E’ colmo di fogli, musiche, strutture, e battute storpiate, con un unico soggetto: se stessi.

Non si ascoltano, troppo intenti a sentirsi parlare, a meno di non intercettare un feedback positivo, che avvalori il concetto che loro sono meglio di tutti. E quando lo intercettano, si sminuiscono, i bastardi, tentando una malandata immodestia.

Amano l’amore, scopano l’immagine di se’ che si rispecchia nell’altro, sotto di loro, e  scelgono il partner in base al tipo di tappezzeria. Si innamorano del benessere che provano, soffrono di default ogni sei ore. Perchè soffrire, ed esser depressi, è un must, ordinato dal medico quotidianamente, a dosaggio variabile. Cura intensiva fuori dal palco, subito dopo, che la curva discendente è implacabile.

Del mondo sanno poco, non guardano la tv, la tv è il male, come tutto ciò che non è difficile. Leggono libri incongruenti e si perdono in teorie fallibili, mangiano nutrizionalmente zen, per immagine di mercato. Hanno le piantine aromatiche sul balcone, e ricettari di ricette etniche, accanto al cartone della pizza del giorno prima.

E non ti ameranno mai, troppo intenti ad amarsi da se’. O forse, lo faranno, dieci minuti, ebbri di gratitudine. E poi guarderanno oltre, al chorus successivo, ed altra battaglia per avere il solo, e tante cose da dire. Fedifraghi di note.

Che persone orrende, son quelli come me.