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Il musicista vive di poche, sane e pure certezze.

Le elenco:

– il cibo. Il musicista pensa, innanzitutto, al rancio. Vive di colazione alle undici e cena alle venti, dopo il soundcheck. Di solito, verso le tre del mattino, post concerto, è disponibile per due spaghi aio e oio o impepata di cozze (dicono però che la pajata sia la morte sua).
Indi, quando si offre un concerto, non stupitevi se il gruppo vi invierà prima di tutto le specifiche catering, e poi, forse, le richieste tecniche.

– il capello. e in seconda istanza, il vestito. Il musicman very trendy si cambia poco prima di salire sul palco. Aiuta la concentrazione, mettere i "panni" dell’artista, e quella routine scaramantica, quei gesti consueti che stemperano la tensione. Io, come già detto altre volte, sto due ore a pettinarmi (che poi, son DritiComeSpaghi, indi è tutto inutile, ma serve come antistress, son come le due sfere cinesi da far roteare con la mano). Il jazzman alternativo (alternativo a che? sono tutti uguali..) va in maglietta del petrolchimico, entra dal pubblico e sembra sempre che suoni da solo. Anche quello è, comunque, tutto calcolato. Anche quella, l’è tutta una farsa.

– il fumo. E’ ormai out, non fuma più nessuno. Neanche le uilsonblu. O le siga da cantantesse, le morris, sempre blu. In calo anche i superalcolici, vanno a bomba le acque minerali naturali, temperatura ambiente. Ne convengo, il whiskyonderocs alla Chet Baker dava tutta un’altra atmosfera. Ma adesso ti fanno degli arrangiamenti talmente complicati che non puoi non essere lucido.
Che però, imbriaghi spòlpi si suona talmente meglio…

E c’è quel momento, traumatico, in cui ci sono due concerti, nella stessa data.

Il musikmachina istintivamente vuole farli entrambi, che ogni occasione è quella giusta, ma spesso la serata è la stessa, il loco dista 100 km l’un dall’altro.

Indi: meglio fare una seratina di blues a Eraclea, a circa 40 km da casa, o meglio la serata a fregona, km 200?

Tutto sto discorso per dire….che son scema. E stasera passo a prendere Miché e vado a suonare a Fregona, in mezzo ai monti. Accorrete numerosi, a vedere l’unica jazzista che si pettina. (e giù le mani dal MIO catering..).

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Mario mi manca. E’ il mio compagno di banco.

Siamo una coppia perfetta: come starskj e hutch, uno fa il violento e l’altro l’accomodante, quando ci arriva un cittadino che fa il furbo. Uno mima la rissa e la punizione corporale sull’utente malcapitato con pagamenti incompleti o solo un accenno di disinformazione o supponenza, l’altro lo frena e cerca di trovare il compromesso. Il potere del branco, contro il comune nemico del comunale: il cittadino.

Mario non c’è. E’ in ferie.

Dovrebbe esserci su Rizla Psicosomatica un articolo che affronta il vero, grande stress di chi "rimane": l’esser soli, nell’ufficio vuoto, senza il proprio amichetto del cuore.

Oggi andare a pranzare fuori, da sola, non me la sentivo. Certo, avrei potuto chiedere a quella delle certificazioni urbanistiche, o ai tecnici dell’altro corridoio, di certo mi avrebbero accolto nella community, sebbene sia chiaro che è una comunione d’intenti gastonomici senza alcun futuro. Ma no, meglio di no.

A metà mattina, sono andata a prendermi qualcosa al super, e via, davanti alla scrivania, faccio pausa qui, guardando un tgweb e un paio di blog. Ecco.

Ho preso una scatoletta di vitello tonnato. Ci ho pescato, nel guazzetto di maionese e baffi del nostromo, due fettine di vitello. Che se lo sapesse, il vitello, d’esser stato accoppato per finire in quella scatoletta, lui bello magro, solo dieta vegetariana, e tutt’intorno una mattanza di grassi e cubetti di colesterolo….povera bestia.

Io ci provo. Cerco ti tagliare con la forchettina (di plastica blu, che a contatto con la maionese vira colore verso il verde) la fettina di carne. Mi torna in mente quando bambina, intagliavo il bastone di legno da passeggio, quello con tutti gli stemmini di metallo di tutti i rifugi raggiunti. Stesso rumore, stesso dileguarsi di materia da un lato e dall’altro del taglio.

Non ce la faccio. Mi chiedo perchè cazzo, cosa diamine mi ha folgorata la testa per comprare quella cosa.

Il vitello è tonnato a morire, nel cestino.

Mangiucchio un po’ di Pringles, leggo le istruzioni dell’ennesimo concorso (e scema come pochi, non resisto dal grattare l’argentatura sopra alla scritta "non hai vinto, coglione!") e il sale piano piano corrode le mie labbra. I lati della bocca si feriscono, piano piano mi albapariettizzo.  Finisco sette bottigliette da 50cl di Lora Recoaro naturale, rinforzando i bicipiti aprendone 3 con un solo colpo, e rimettendoci due incisivi per i successivi bestiali tentativi. Mi riprendo.

Ho preso due nocipesche. Si. Cibo sano, transgenico quanto basta. Ho ripreso il controllo della situazione, guardo fuori e penso…piove….anche io mancherò a Mario, me lo sento. Sgranocchio la nocepesca e i frammenti degli incisivi, e mi digerisco tutti i blogger che salutano i lettori per partenza immediata in ferie. Come se non si sapesse che han messo in macchina il portatile e la lista dettagliata degli internet point di tutto l’emisfero di appartenenza.

Un pezzo di pesca cade, rovinosamente. Forza signora Longari, indovini di che colore ha la maglietta madama flauta?….

 

Devo smettere di vestirmi di bianco. Oggi non è proprio, proprio giornata.

la notte di moijto e di luna sfacciata

la notte di moijto e di luna sfacciata

E’ spettacolare da quant’è bello. Mi viene spontaneo, quasi abituale, fare un po’ la scema purchè me lo presentino. Ma ignoro che diamine di nome abbia finchè, dopo due ore, glielo ridomando.

E parli, e ridi, e scherzi. E un Moijto ammorbidisce i toni, accorcia i tempi di conoscenza, rende l’atmosfera quasi sensuale. E quel "purtroppo sono impegnato" diventa un " beh, però la conosco solo da due settimane". E quel "ah sento che è splendida, è quella giusta per me.." diventa uno scambio di numeri di telefono. Tanto impegnato non è. E le scrive via sms che stia a casa, "stasera sono tutto per te".

E lui è bello, scandalosamente bello. Non si può discutere, è insindacabilmente bello.

E quando è ben chiaro il concetto, con una schiettezza che se non fossi una flauta mi imbarazzerebbe, io ci penso. Ho mezzora per pensarci. Sono single, ed ho di fronte un ragazzo bellissimo che stasera non vede che me. E per l’altra, poche balle, non ho sensi di colpa o solidarietà femminile.

Ci penso. Giro la cannuccia sul ghiaccio che è rimasto del Moijto, ascolto i Tantrici e penso. Penso che metter le mani su quel ragazzo mi piacerebbe proprio, è una tentazione bella e buona. E’ bello da morire, è proprio fatto per questa notte di luna, e io stasera ho proprio bisogno di sentirmi bene.
Me lo ripeto, poi, non ho nessuno a cui dover spiegazioni, anzi. E’ una tentazione, me lo ripeto, una tentazione fatta ad arte. E io una notte di follie con un ragazzo così bello non me la lascio scappare. E come ha detto lui, la vita va vissuta.

Domattina non lo sentirò più, o forse resterà (l’ennesimo!) uomo delle notti di follia, ogni tanto, mentre la morosa-moglie-compagna a casa lo aspetta. Tornerò a casa senza mandare alcun sms di "e’ stato bello" o altre cazzate di melassa, mi terrò un ricordo e una sensazione, e non dirò nulla a nessuno, come fosse uno spinello fumato di nascosto.

Ho il suo numero sul cellulare. Lo chiamo. E poi, visualizza numero, opzioni, elimina.

Si. Sono una deficiente. O forse…sto maturando.

No. Sono una deficiente. Ma sta bene così, stasera.

 

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Come ritrovarsi alla vigilia del periodo ferragostino, e non avere uno straccio di spiaggia dove andare.

E NON SOLO

Aver preso la macchina nuova. Star cercando casa. Ed essere in bolletta sparata.

E NON SOLO

Tutti i miei amici (sposati) sono con la moglie e la prole al mare. E " gli manco tanto" (ma intanto, loro sono con le chiappe al sole).

E NON SOLO

Tutte le mie amiche (sposate, alcune con quelli di cui sopra) sono con marito e prole al mare. E "non ne possono più" (ma intanto, loro sono con le chiappe al sole). Se non avessi bikini troppo ini, magari, mi inviterebbero.

E NON SOLO

Gli amici/amiche single sono in bolletta, o in qualche isola sperduta della nuova guinea. Manderanno cartoline lamentandosi che li piove sempre (e devono accontentarsi delle idromassaggio dell’hotel 42 stelle).

A tutti questi, un solo unico saluto: ANDATE TUTTI A CAGARE.

Con affetto, s’intende.

Buone ferie, cari amici…………..

Lei

Lei

Fino a ieri era tutto diverso.

Giravo in incognito, arrossendo quando venivo squadrata dalla vecchietta di turno, ero una straniera, con la gonna troppo corta, il capello troppo spettinato, quella vaga rassomiglianza con una ragazzina di buona famiglia, ma annebbiata dal lungo peregrinare per le vie (della perdizione) della provincia.

Al mio paesello invece, ci si conosce tutti. Mi fermano per strada, ci si saluta come parenti ovunque, ognuno ha la sua etichetta: io sono la maestra di musica, o la mamma del rubinetto (parte fortunatissima assegnata al Gabry alla recita scolastica di due anni fa, in cui il rubinetto era il protagonista. son cose.).

Hai bisogno di qualcosa? C’è il cugino dello zio del fratello del moroso…si quello che poi è assessore-stradino-presidente della proloco e suona il bombardino in banda…essì che ti conosce…
Devi andare velocemente a fare due commissioni in piazza? Ci metti due ore, perchè ti fermeranno tutti per strada, e come ti sta, e il picolo, e el cavàeo, e cussi insomma dai… E vànti. Vànti che gho freta.

Invece.

Invece qui nessuno mi conosce più. La grande metropoli, tutti uguali, tutti sconosciuti, nemmeno il dirimpettaio conosci. Ti nascondi se rischi di incrociare qualcuno in ascensore…che non sai nemmeno riciclare qualche bel discorso sul caldo, il freddo, la mona della marcona. (gran bella donna, la marcona).
E ti senti…ti senti di troppo. Sola in mezzo ad un mondo di soli.

E arriva lei.

(attimo di rispettoso silenzio)

E’ lei che giudicherà la tua appartenenza a questa comunità.

Ti guarda. Tu non la vedi, ma lei ti guarda.

Per settimane ha scrutato nella tua vita, nelle tue abitudini. Sai quanti figli hai, quanti gatti hai, se sei in dieta di fritti o hai la paranoia del macrobiotico. Sa pure che assorbenti usi, e sa pure (che imbarazzo!!) che le mutande le compri al supermercato, ebbene si, altro che negozio costosissimo di intimo. Sei te che togli l’etichetta coop perchè "lui" non se ne accorga mai.

Ecco. Lei è lì, a mani nude sulla tua vita, maneggiando tutto ciò che fa di te ciò che sei. E alla fine te lo chiede, e tu non hai mai potuto dire di si.

Ma oggi, oggi è tutto diverso. Oggi ce l’ho. Sono anch’io parte di voi. Non sono più una sconosciuta.
Mai più vergogna e sguardo basso, mai più quel senso di inadeguatezza e quel mormorio dietro di te. Io si, io qui esisto, ci vivo, e ora mi dovrete accettare. Mi dovrete sorridere incontrandomi, essi, perbacco.

La guardo, lei mi guarda. Non se lo aspetta, lo so.

– ha la carta soci?

– SI!

….ho gridato. Lei mi ha guardata. Mi ha sorriso. Gliela porgo, sopra il carrello straripante, con orgoglio.

Standing ovation e scoscio di applausi alle mie spalle.

 

 

 

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Fate vedere le facce??… si….siiiiiiii……si si, si vede che è capitato anche a voi.

Per tutti, nell’epoca del benessere (fanculizzando chi dice che si stava meglio quando si stava peggio) c’è il momento dell’addio. E tutti, si, tutti ci comportiamo come dei deficienti infantili e piagnucoloni. Ovviamente, non lo ammetteremo mai, nemmeno quando incontreremo il vero ammore e gli racconteremo i nostri intimi segretini, accendendo una cicca dopo una paurosa notte di sesso selvaggio, e conseguenti coccole (ipotesi applicabile nella prima settimana del rapporto). Si, gli racconteremmo pure di quando abbiamo smesso di bagnare il letto, ma mai ammettere l’eterna debolezza dell’abbandono.

Io voglio sfatare il mito. Io ieri l’ho lasciata. L’ho abbandonata. E lungo il tragitto, come ogni essere vivente pirla, le ho parlato.

L’ho ringraziata, ho elencato le mille avventure fatte insieme, i viaggi impossibili, le nottate, le telefonate fatte tornando a casa, i chili di ampli microfoni casse strumenti (e strumentisti) caricati alla bell’e meglio. I traslochi. I trasporti (fieno e similari, tzé) e gli imbarchi per isole sconosciute, valichi di frontiere terrestri e sentimentali.

E lei, la mia 106, è stata impagabile. Non mi ha mai, dico mai, lasciata a piedi. Quando avevo bisogno di lei, bastava guardare fuori per averla lì, pronta a partire, tornare, scappare, salvarmi dagli acquazzoni emotivi e… temporaleschi. E lì dentro, quante telefonate, quanti discorsi, quante risa e quanti lacrimoni. E quante sgridate, quante prediche fatte al gabry.

E il leoncino sul volante, ah quanti cazzotti gli ho tirato, incazzata col mondo (via, diciamo pure precisamente "con l’uomo di turno" ), e quante volte ho gioito vedendo che, scesa dal treno, mi aveva aspettata li, al parcheggio, lei si che dipendeva da me.

Se scodinzolava con la marmitta? Ovviamente si.

E l’ultima avventura, dribblare i tifosi in festa per il mondiale, con bandiera fuori dal finestrino. Splendida.

In sostanza, ieri l’ho portata dal carrozziere. Suo compito, darle l’estrema unzione, o più romanticamente accompagnarla al pensionamento.

E lì, a togliere ogni cosa che ci ha legato, telepass, carta stradale del nord italia, portacd, pastorello che suona il flauto attaccato sullo specchietto (uaaaaaaahhh  il pastorello nooooo uaaaaaaaaahh).

Per strada la ringraziavo, le ripetevo che non la scorderò mai, che è stata la migliore, non mi ha mai tradito e mai deluso. La migliore macchina al mondo, e dopo averle chiesto troppo, 200mila e passa chilometri, era giunto il momento di dividerci.

(dentro di me pensavo…adesso arrivo dal carroziere e mi si apre in quattro, modello finale dei Blues Brothers….)

E’ stato triste, drammatico lasciarla li.

Tutta sola.

Abbandonata al suo destino.

……

……

..

 

ehm ……106 chi?…

Ma quanto sono zoccola.

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Sono molto, molto allegra.

Ho gridato le virtù di mamma zidane sotto i fuochi del redentore, dico, mentre mio figlio non ha mai finito lo slogan gridato da ogni frequentante l’affollatissima laguna (il termine che censurava indicava le doti amorali della zizi mother). Che dico, son soddisfazioni.

Come è soddisfazione sfogare la propria ancestrale volgarità, riappropriandosi della propria lingua natale. Che solo gridando un “e che ghe sboro!” ci si sente davvero di nuovo mestrina.
Spritz a profusione.

(non ditelo alla mia mamma)

l’estate pastello

l’estate pastello

I lampi attorno sembrano flash di angeli paparazzi.

Il sonno mi aggredisce, mentre cerco di trovare l’entrata dell’autostrada. Eppure è alla fine di una strada dritta, non posso essermi sbagliata, con tutte le volte  che ci son passata di qui. E’ tanto buio, nonostante sta luna che mi osserva divertita, mentre cerco un diamine di cartello verde.

La radio trilla discorsi, che quando ho sonno devo impegnare la mente in parole, la musica mi concilia troppo. Questi parlano, parlano, che ne so. Ho gli occhi spalancati, ho paura di addormentarmi in questi trenta chilometri soltanto.

I lampioni del casello, il saluto del telepass, l’aria calda che entra dal finestrino. Quante volte son tornata a casa troppo stanca. A volte mi fermavo proprio, un caffè, o anche una dormita proprio. Quei mal di testa che mi prendevano, senza dormire mezzora in qualche parcheggio non sarei riuscita a ripartire.

In fianco al casello, le insegne dei motel, come mi diceva Fran, "ci ho fatto la tesi sugli alberghi in fianco al casello dell’autostrada..", e c’hai ragione, son concentrati più qui che in centro a Jesolo. Domani, ma per ora non lo so, incontrerò il mio nuovo direttore, che per anni è stato il tuo capo. Capo autoritario, a volte fonte di umiliazioni, ma che alla fine ti ha dimostrato quanto eri per lui, riportandoti a casa per l’ultimo sonno. Domani lo vedrò, sai, e mi verrà voglia di raccontarti come le nostre vite si sarebbero incrociate, se ci fossi ancora. E dirti quanto era serioso, come son riuscita a portar acqua al mio mulino, chissà se per potere della gonna o per reali capacità.

Strabuzzo gli occhi, un brivido sulla schiena e una grande domanda mi tormenta: cazzo, ma l’ho presa giusta?…cerco i cartelli, si okay…taci va, che per abitudine non me ne andavo verso trieste stasera..

D’inverno metto la mano fuori, così mi gelo la pelle e almeno un poco, mi sveglio. Ora c’è solo un’afa che soffoca, il condizionatore gracchia e serve a poco. I lampi illuminano tutto, un po’ spaventano, un po’ illudono. La gente fuori, drappi di gente che chiacchiera, anche se oggi è già diventato domani.

E due ragazzi, stretti stretti che si fan promesse per l’eternità, sopra un motorino, che un po’ li invidio, che un po’ mi sento vecchia. Quando Max mi riportava a casa, un Garelli scassato, ma a me sembrava una porsche. E scampoli di batticuore che, chissà perchè li avevo messi nel cassetto, tornano fuori, e sento ancora i suoni, i profumi, i colori opachi pastello dei miei quattordic’anni.

Bello.

Parcheggio sotto casa dei miei, prendo Gabry in spalla e vado verso il portone. Ho talmente sonno che mi pare di vedermi, ragazzina d’estate, nell’Estate, di quelle che non ne fanno più. Che l’estate a quel gusto lì non l’ho più trovata in giro.

Buonanotte, fla.

il quiz dell’estate

il quiz dell’estate

Insomma, cosa cazzo gli ha detto a sto zidane?

Qui ci sono le ipotesi, ma sinceramente non penso gli abbia detto "..sei stato implicato nello scandalo doping che ha visto sul banco degli imputati la Juventus, la tua vecchia squadra di club". Per tempistica, più che altro.

Farei un sondaggio, ma non son bona. Quindi votate nei commenti:

  1. tua sorella è una majala
  2. tua sorella è una zoccola
  3. tua sorella è una ragazza molto attraente
  4. stronzone
  5. recchione
  6. venduto ai paesi baschi
  7. transessuale
  8. c’hai le gambe storte
  9. francese di merda
  10. algerino di merda
  11. juve merda
  12. ma va dar via el cul
  13. ma che deodorante usi?
  14. susu prova a darmi una testata
  15. (alludendo a zizu e il quarto uomo) morosetti, morosetti..
  16. ma vai a lavorar in miniera
  17. terrone!
  18. cazzone!
  19. puzzone!
  20. pupusettete!

si accettano altre alternative, che saranno prontamente aggiunte.

Lo so, lo so che non ci dormite la notte..