la disfatta di cannaregio

la disfatta di cannaregio

 

(foto di Eugene R. , http://www.pbase.com/hayzen/venezia_di_notte)

I tacchi degli stivali suonavano lenti sugli scalini del ponte delle Guglie. Attorno le maschere nottambule, ubriache dell’ultimo scampolo di carnevale, kitch versioni di quel che vide la vecchia siòra in millenni di travestimenti. Era una gran bella invenzione della Serenissima, i paròni e i poarèti vestiti uguali, amalgamati e parificati dietro identiche maschere, serve e dogi, pescatori e nobildonne, stesse maschere, e stessi letti, per un mese all’anno. Prima di pentirsi e sentirsi cenere tra le ceneri.

L’attraverso, sta mia città, senza maschera, senza orgoglio, senza amor proprio. Li ho affrontati a testa alta, mentre i "ma sa, dobbiamo, verificare, valutare, equipollenze, veridicità, ma per ora mi firmi, liberatoria, poi non so, se crede faccia, sa i titoli, il servizio, il colloquio ma, sa..". Okay signori, grazie, ci ho provato. Dietro ad una porta, per un pomeriggio lunghissimo, attendendo di avere anch’io l’opportunità. Il mio lavoro, finalmente, con la mia esperienza, la mia attitudine. Bizzarro che il mio titolo non sia quello preferito. La cultura è in prelazione a qualcuno, non certo qualcuna che ha appena vinto un ricorso contro quella li, quella del "..ma sa ..l’equipollenza…".

La sfacciata bellezza della laguna che flirta con le luci del carnevale, e la mia ombra che vuol metter a tacere l’orgoglio, di chi sa di poter far meglio degli altri, in quello. Il mio posto è lì, ma il destino non ne vuol sapere. E di fronte, bizzarro leitmotiv, sempre il tuo, il mio Direttore. Fran, ti diverti, da lassù?
Mi guardava, cercava un escamotage nel bando. O forse no, non vuole perdermi, preferisce tenermi lì da lui, dove guarda un po’…non ho proprio nemmeno mezzo, di titolo. So solo che guardo lui, e torni in testa te.

Lungo questa fondamenta mi batti in testa, ti sento qui sotto braccio. Mi stringi e ti aggrappi alla tua ancora di salvezza preferita, nei ritagli di vita che ci siamo presi. Quella vita che non hai più.  Barconi silenziosi ci osservano, la laguna immobile illumina l’aria, e tu parli, nel tuo modo pazzesco di usar le parole. Sapessi farlo anch’io, e ci avrei provato, a sfidarli, quei tre dementi. A dirgli che manco sanno cosa sia un rider di palco, una scaletta, una programmazione come Dio comanda. Manco sanno dov’è l’invio sulla tastiera.

Sul display del telefono appare "Gabry", un tasto di risposta e il suo fiume di lamenti e lacrime, che la nonna qui e il nonno li, e mamma dove sei, perchè ancora li, e uno sfogo infinito di bimbo che sa ancora sfogarsi e opporsi alle regole. Sua madre, invece, ora si piega.

La ressa nel pullman, due messaggi, la volontà di sfogarmi ora, che a casa c’è da far la mamma. E domani si riprendono le solite carte. Scivolo sul ponte della Libertà, già, libertà dalle convenzioni, dalle raccomandazioni, dai concorsi farsa. Mestre sta lì a fissarmi nervosa, mi chiede quando diamine la smetto di piagnucolare come una bambina. Come mio figlio, mi abbraccia appena entro in casa, stanca in questa notte che non vuol finire. Mi distendo sul parquet, occhi al soffitto, voglio recuperare la speranza, la stima per me stessa. La mia dignità. In fianco Gabry fa discorsi da grande,  mi racconta che per esser felice lui fissa una gomma americana attaccata al tavolo, e pensa che è solo una gomma, ma è bello che sia li, perchè gli ricorda quando l’ha masticata la prima volta. Un sorriso, e una lacrima.

Un anno e una settimana, Fran, un anno e una settimana. E te, te sei morto, morto, morto. E mai come ora sei crudelmente nel mio animo, nel mio presente, nel mio stomaco che ti vuole qui ancora, a litigare con me. E ….

-……allora non hai una pompa idraulica al posto del cuore…..

nessun titolo

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Io non voglio un lavoro qualsiasi. Voglio uno stipendio giusto per il mio lavoro, voglio poter star male e curarmi, voglio andare in ferie d’estate, voglio avere gli assegni familiari per mio figlio.
Voglio poter essere giudicata, tartassata, maltrattata se non lavoro bene. Voglio fare corsi, aggiornamenti, concorsi interni per migliorare la mia posizione. Voglio le responsabilità, poter organizzare e gestire il mio lavoro, e se posso anche quello del mio ufficio. Voglio poter dire la mia, capire, imparare, modificare ciò che non mi spiego debba funzionare così illogicamente.

Faccio un concorso, entro in una, ennesima, graduatoria. Mi chiamano, per un ulteriore posto da precario. Ma questo è il precario sicuro, hai meno soldi ma ti danno la malattia. AH. Non è il tuo livello, ma è "sicuro" che sei "quasi" assunto per un anno. Stesso lavoro, certo, stessa scrivania.

Massi, non hai letto il giornale? Hanno assunto tutti i precari. Tutti. Si insomma, il titolo diceva questo… Non puoi mica star qui a sindacare sul termine "assunto". Lavori un annetto, senza diritti, poi ti lasciano a casa. Ma vedrai, dopo un mese e un altro concorso magari ti assumono, no?…con un cocopro. Vabbè, poi altri venti giorni a casa, ma magari le consideri ferie, o vedi di ammalarti in quei giorni lì. Non son pagati, va bene, ma insomma… adesso ti assumiamo. Con un tempo determinato. Dopo altri due mesi, ocio, ti posso rinnovare di un anno….ma devi stare a casa (ma se son appena stato riassunto?..) per venti giorni. Feriali, si.  Ah.

Come dici? In tutto stai a casa più tempo di quanto lavori?…E ogni volta che torni alla tua scrivania hai il "tuo" lavoro arretrato da fare? Ah….ma non sei mai contenta…

A proposito, la tua scrivania… Oh beh…c’è l’ex bidella che lavora li, adesso. Si, non sa usare il computer ma le insegni tu, dai. Lei in fondo ha l’indeterminato. E’ fissa.

Noi, noi ti diamo un lavoro. Ti assumiamo. Ti diamo un lavoro. Poi sulla finanziaria c’è scritto che assumiamo tutti quelli che lavorano dentro da tre anni. Insomma, beh, dipende, che categoria eri? B, C, D, determinato, cococo, cocopro, abusivo, volontario, cameriera ai piani… occhepeccato, non ci rientri.

Ma adesso arrivano i sindacati (musica di sottofondo, Wagner, Cavalcata delle Valchirie) che ti salvano. UUUU, se ti salvano. Lo scrivono pure sui giornali, minkia. Fanno i comunicati stampa adesso. Poi basta, ma in fondo che vuoi?

"fate uno sciopero!"…bravo. Poi mi tocca stare in ufficio anche la domenica per recuperare, mica ho diritto a scioperare.
"andate voi di persona a protestare!"…..giusto. Sai com’è, abbiamo un po’ di paura ad andarci. Poi ci lasciano a casa. E mica per scherzo. L’ultima volta che ho protestato, mi han detto "stà bòna, che no te convién".
"guarda, ti consiglio di prendere la patente nautica, e di fare il concorso da vigile. Lì li prendono". Diamine, potrei anche chiedere alla pizzeria dietro casa, anche lì mi prendono.

Mica son preoccupata. Ho una ventina di selezioni da fare. Cococo, tempi determinati, e chissà cos’altro.  In una settimana, li faccio tutti, che è come il totocalcio. Alla fine, un contratto precario già ce l’ho, bisogna solo scegliere il meno peggio, tanto non ti da futuro lo stesso. E tanto, la scrivania rimane la stessa, il mio lavoro lo faccio solo io qui dentro, mal che vada chiudo bottega… chissà gli utenti che ne penseranno.

Sospiro. Io sono fortunata. Precaria, ma fortunata. Ho ancora la dignità di dire "no grazie".

buon san valentino..

buon san valentino..

– Ciao bella e sbarella,  dedico al mio dolce amore la canzone di Masini "vaffanculo".

– Ciao bella e sbarella, auguro a tutti i fidanzati di passare una bella festa di san valentino stasera. Anche alla mia ex e al mio migliore amico. (ops)

– Ciao bella e sbarella, oggi ho litigato con la mia fidansata, così non serve che le faccio il regalo, e domani facciamo pace. Tanto poi aveva le sue cose, quindi tanto non si trombava.

– Ciao bella e sbarella, mi fai sentire la canzone "dimmi quando tu verrai"? La dedico a quella frigida di mia moglie.

– Ciao bella e sbarella. Al mio pussi pussi con amore gli dedico la canzone di Massimo Ranieri "perdere l’amore": stasera devo dirti una cosa.

– Ciao bella e sbarella. Volevo dire alla moglie del mio capo che stasera fa tardi, Le volevo dedicare "e tu, e noi" di Patti Pravo.

– Ciao bella e sbarella, Volevo dire alla moglie del mio capo che passo io al suo posto a cantarle "cervo a primavera", di Riccardo Cocciante.

– Ciao bella e sbarella, volevo dire al mio grande amore che mi ha dedicato "montagne Verdi" di marcella bella…….. che può andare anche a farselo metter in quel posto, visto che non ci credo che il completino quarta coppa C che mi ha regalato lo ha confuso con quello per sua mamma… porco!

– Ciao bella e sbarella, sono Umberto, sono separato e quarantenne e bello dentro, serio e rispettoso, volevo sapere se c’era una bella signora max ventenne disposta ad una serata romantica scopo amicizia event. matrimonio per questo san valentino. Dedico a tutte le donne in ascolto "alzati la gonna" della steve rogers band.

– Ciao bella e sbarella, sono Claudia e dedico a Francesco la canzone "ricordati di me" di Venditti e volevo dirgli scusa se stasera non posso uscire ma sono malata; e a Giulio, dedico "the power of love", dei FGTH anche se siamo solo amici, e a Carlo "sono una donna non sono una santa" di Rosanna Fratello, ci vediamo stasera al solito posto.

 

……ah signur. Spegnamo la radio e andiamo a festeggiare, via….

nessun titolo

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Attraversando il traffico della Città Isterica mi prese la mano, distratto, saltando sulle strisce pedonali, senza uscir fuori col tacco dal bianco. Non parlammo molto, ma non mi importava un cavolo.
Ero uscita con un sacco di gente, mi ero messa lì a squadrarli da dietro al piatto, facendo filosofia spiccia sul modo di arrotolare un bucatino e il loro quoziente intellettivo. E le domande trabocchetto, e il "parlami del tuo matrimonio", e i discorsi sugli hobby idioti degli uomini…niente, non accennammo a nulla. Solo sguardi, silenzi, pace, quiete.

Mi stringevi la mano passeggiando, come un adolescente che ci prova con la compagna di banco, di nascosto dalla maestra. Fuori da ogni equazione logica.

Un locale trendy, e il cameriere gayo che ti spoglia con gli occhi. Un po’ mi vien da ridere, un po’ mi offendo. Ho una sola notte, voglio l’esclusiva.

E va la musica, e gente che entra e parla, brusio continuo di un mondo che lì intorno va avanti. Da qualche parte in questo momento un uomo mi sta tradendo, un marito mi sta odiando, un fidanzato mi sta dimenticando. Ne son certa, attorno le ore continuano a muoversi, in una giostra di logici accadimenti, incontri, discorsi, parole, ma io…io non vedo che te. Un barlume di un’altra vita, forse. Magari eravamo a woostock insieme, in quell’altra vita. O in una corte settecentesca di sfacciato malcostume, o in un’africa inglese, tu col panama in testa e io molto Karen Blixen.

Ma che ne so. Un drink gelato che intorpidisce la mia gola ormai spacciata, la febbre che rende tutto opaco, e un video live di Norah Jones senza audio. Uscimmo, e io camminavo tra la gente come fossi in un tapis roulant.

E in mezzo ad una scala, in mezzo al mondo, bloccando tutto il traffico del locale, delle banali vite altrui, della regolarità della mia, mi hai baciata.

Intorno, tutto si è fermato. La musica guardava immobile, le luci accarezzavano i visi dell’universo intorno, bicchieri e tequila sospesi nell’aria, ghiaccio che non sapeva più sciogliersi. Io, e il bacio di un Dio greco.

Il giorno dopo, con ancora le sue carezze addosso, affrontavo il microfono e il resto intorno. Avevo fatto il pieno di coccole, di fiducia, di affetto, l’abbraccio del sentirsi al sicuro, nel cuore di qualcuno, per una notte soltanto. Ti avevo rubato, un po’ di te, l’ho tenuto in tasca per sentirmi bene.

Il telefono a squillare, gli amici a tirarmi di nuovo in pista, e io che volevo andare, volevo tornare. Addormentata in macchina, silenziosa come mai, senza aver coraggio di dire o pensare, ma solo di chiudere e riprendere il resto, quello lasciato a casa.

L’amarezza è passata, il ricordo un po’ affievolito. Mi chiedo come mai di alcuni dimentico, di te ricordo. Sarà che mi hai regalato un po’ di magia.

Un giorno, chissà, te la restituirò. In un’altra vita, in un’altro pianeta.

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Dovrei ubriacarmi, saltellare dalla gioia, dipingere tutto di rosa e azzurro e offrirda bere a tutti.

Eppure…

Uno passa sei anni a ripetere la stessa nenia, dalla prima all’ultima, dall’ultima alla prima, invertendo le parole, solo le pari, o le dispari, a voce alta, sussurrando, cambiando ogni volta interlocutore, o destinatario della missiva, o verbale, o confidenza.

Uno passa la sua vita a ripetersi di non mollare mai, ma ciclicamente si crolla, oppressi dal tempo, dalle accuse, dallo sfinimento di una giustizia. Le bugie, le calunnie, le accuse gratuite, fanno traballare anche la fiducia più cieca in se stessi.

Ora so, ora so che bastava affidarsi alla pazienza, che la recita dall’altra parte sarebbe crollata. Ma davvero, una soddisfazione così grande, non la immaginavo. Finalmente qualcuno ha preso una posizione, una decisione, una difesa. Ora che non me l’aspettavo più.

Si, sono felice, sono felice. Però. Però quello è l’unico che il mio piccolo uomo ha, anche se sbagliato. E l’amaro che mi lascia questo epilogo, e la vana soluzione di una terapia che lui so per certo non accetterà, mi toglie ogni allegria. Sapere che a questo punto, non ci sono più speranze di recuperare il loro rapporto, sapere con certezza che davvero non gli fotte nulla di lui, mi angoscia. Per quel che lui, innocente condottiero di pochi anni, può passare ora, e potrà passare in futuro.

Aver "ragione" ha un gusto aspro, ma si volta pagina. E ora… si vive.

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Ah guarda, non so che dirti. Dirà quel che vorrà. Son mesi che mi martello le meningi con devo e non devo, dico o non dico, grido la mia collera o sopprimo fingendomi estranea a tutto. Mo’ sai che ti dico? Amen.

Sto comodamente in sella al mio mondo che cambia, ma non trovo le redini. Altri gestiscono, altri decidono, io cerco di fare quel che devo, ma intanto me la godo.

No che non so come andrà. Mio figlio è zoccola. Massi, in senso buonissimo, deve difendersi pure lui, ed essendo sufficientemente intelligente la menerà a suo pro come il miglior rappresentante di folletto della storia. Riuscirà a farla in barba anche a quei tre psicologi, vedrai… ci intorterà tutti.

Sai, mi son svegliata una mattina e ho detto….toh, la mia vita. Ecco dov’era.
Ci ho tolto da sopra i sensi di colpa e i desideri di rivalsa, e mi son messa a cantare e a saltare come un’invasata.

Perchè non dovrei?…non c’ho voglia di lamentarmi, scusa. Mi va di fare shopping, mangiarmi un tramezzino di quelli alti una spanna, che digerirò a marzo, e una birra insoddisfacente ma dissetante. Ho voglia di spettegolare con le colleghe, prendere in giro le mie allieve, cazzeggiare tra i blog e tirarmela come una fionda. E portarti a bere un altro spritz, occhi negli occhi.

E ho voglia di baciarti, ma sposta l’ombrello, voglio sentire la pioggia accarezzarci il viso.  E i pensieri.

 

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La libertà della singletudine è zucchero filato.

Ti si impiastricciano le mani, i capelli, è una chiavica unica, ma a vederla lì ti vien voglia di comprarla. Arrivi lì con un tot di monete, una donna rom ti guarda scocciata, accende quella betoniera culinaria e ci versa il sacchetto di eridania. Pian piano i granelli sbocciano, si fanno trasformare in un vento estivo, e tessono una tela, un grumo dolce avvolto in un bastoncino di bambù. Il gusto gonfio, l’erotismo di appoggiarci le labbra, e sentir sciogliere lo zucchero al tocco della lingua. Una nuvola sensuale, in cui immergersi voracemente.

Ma poi, poi ci si stufa. Lo zucchero filato non lo si finisce mai. Dopo un po’ ci si stufa e si butta.

Ecco, mo’ mi son rotta di far la single.

 

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Manca poco, o miei prodi, la domenica è ormai giunta
chi non si segna, son dolori…c’è il pienone, all’ora di punta.

Se ti sei distratto un poco, e ti chiedi che ho fumato
con domandar perchè ‘sta rima, dovevi legger
i post prima..

Indi tutti prendete un trenino, che per giunger a Venezia è oro zecchino
portate per mano i vostri amati, o per sera di nuovi ne avrete incontrati.

All’ora undicesima, scesi dal treno, confidando nel tempo e nell’animo sereno
incroceremo le mani, ci baceremo le guance, e faremo tutte le nostre dovute ciance.

Incamminandoci tra calli, ponti e campielli, ci sentiremo tutti blogger fratelli
si disquisirà di politica, costume, musica ed ammore, ed ebbri di parole passeremo liete le ore.

Giunti al pranzo, eh già, ma quanti siamo? ‘che secondo me è meglio se prenotiamo….
Orquindi amici cari, che interverrete alla fiascata, inclusa di sprizzetti, un piatto e una posata,
datemi conferma, anche con discreto messaggio …così potro del ristorante fermar l’ingaggio.

Chi alla privacy abbastanza ci tiene, non ne faremo parola sull’etere, come conviene,
che siam gente di mondo, la flauta vi è assicurata, niente foto o racconti se non autorizzata!

Qui sotto, linkati chi ha promesso la presenza, così che ci si legga e conosca in precedenza.
Un abbraccio miei cari, e ricordate….chi non verrà, poi lo prendo a pedate!!

 

La flautina, il caporale, il sindacalista.

La design, la sorelLama, il superG,

 La capitana, la scrittrice, il sommelier.

Il padovano, la paninara, la excampanilara.

Invitati, si attende con ansia: il messere, l’indiano. Che candida li colga se rimangono a casa.

 

someday

someday

…….ora che la vita si e’ sperimentata su di me

ed io invoco una pace leggera…....

 

Rigiro le dita attorno a quest’anulare, d’improvviso "pieno", dopo averlo preservato per sei anni. Sensazioni opposte, scavandomi dentro cercando un pugno di fiducia, spolverando la cassa di sogni buttata in fondo all’anima, tanto tempo fa. Era seppellita dall’astio, dagli insulti, da un dolore freddo, quello che ti viene quando alle pugnalate..ti abitui.
Incredibile, sembra intatta, ma di aprirla non me la sento, non ancora. Ci sono ancora sopra i cartelli di imminente pericolo, strada chiusa, caduta massi, divieto di accesso.

La guardo, seduta nella soffitta della mia mente.

Al piano di sotto c’è un bambino e un quaderno scritto in rosso, e la mia incapacità di non aprire le finestre, far entrare il sole della ragione e far uscire i draghi. Quel bambino rimane immobile a guardarmi, senza espressione. Gli urlo la mia rabbia, ma non muove una ciglia; gli offro la mia mano, ma non la stringe. Non accusa, non perdona, uccide con il suo niente.

Fuori urla la guerra, ogni tanto esco coprendomi da quel che cade, corro veloce, sotto un balcone. Dicono che prima o poi smette, aspetto. Sono maga nell’aspettare. Intanto canto.

There’s a place for us
Somewhere a place for us
Peace and quiet and open air
Wait for us
Somewhere

Ho navigato per tanto tempo, e sono ancora in mezzo al guado. Tutto è cambiato fuori, nulla è cambiato dentro. Dovrei cambiare rotta, dovrei farmi portare dal vento, non riesco a decidere. A volte il timone sembra leggero, a volte il timore è troppo forte.
Prendere tutto e buttarlo alle spalle, precedenti, attuali, conseguenti, tutto quando dietro. Trovare un prato su cui piantare le tende, fare un fuoco e suonare la chitarra, disegnando sulla tastiera i miei ricordi, e assaporando la calma.

There’s a time for us
Some day a time for us
Time together and time to spare
Time to look, time to care
Someday
Somewhere

 

Attacco d’arte

Attacco d’arte

Lo so Ella, lo so. Ho fatto lo stesso commento anch’io.

Leggere ste cose fanno rabbrividire:

(….) Studia da molto tempo canto, danza e recitazione, ed è il canto il suo vero punto di forza: registro da soprano leggero, estensione superiore alle due ottave…..(…)..ha ricordato immediatamente Whitney Houston.

Addirittura due ottave? Urca. Un fenomeno insomma.

E noi siam forse da meno??

Provate: cantate una scala. Iniziate con una nota bassissima, la più bassa che vi riesce, con un timbro decente. E iniziate a cantare (sempreché abbiate un vago senso dell’intonazione..) due scale ascendenti.

Dooo remifasollasidooo (fiato) remifasollasidooooo

Ci siete riusciti? Siete arrivati bene alla fine della seconda scala, e addirittura potevate oltrepassarla? Se avete fatto fatica, respirate meglio, fate con calma, iniziate da una notina più bassa, via. Ce la fate? Okay, bravissimi.

Si, avete fatto una figuretta di merda coi colleghi d’ufficio, ma almeno, e senza una goccia di colla vinilica, avete fatto anche voi la vostra Whitney Houston fatta in casa.