
Scendo le scale, trascinando per lo zaino quello scolaro screanzato che si nasconde sotto il capello biondo del settènne. Si, che adesso ci ho pure le scale.
Imbrocco il semaforo tra casa mia e resto del mondo. Ovviamente, nessuno passa per il resto del mondo, e tutti escon da casa mia. Con sgommata passo alla scuola semplice (o elementare che dir si voglia) e scarico il settenne, che con rotolata da stuntman prende posizione sul cancello e corre in classe. Appena si renderà conto che non è mai in ritardo, e che pago trenta euro di entrata anticipata ogni mese, penso mi infilerà nella notte affilate punte di trapano negli stivali. Da muro, ok course.
Che ci ho il trapano. Minkia, il trapano. E’ l’apoteosi dell’indipendenza, il trapano.
Arrivo in ufficio, e parcheggio davanti al portoncino del protocollo. Tragedia. L’immagine riflessa non dà dubbi.
S’è fulminato un anabbagliante.
Giusto oggi, giusto ora, vacca boia. Controllo l’agenda: non trovo spazio, tra la moltitudine di incombenze del lunedì mattina, per la questione "cambio anabbagliante". Mi trattengo dal tirar "na botta sur fanale", come se bastasse.
I commenti dei colleghi, al mio "vaff, dopo vado al distributore e me la faccio cambiare", sono strazialmente di scherno. Dieci euro buttati, mi dicono, ecccheccccivuoleacambiarnalampadina. La mia vocina-dentro mi ripete "distributore: pratico, veloce, problema risolto in minuti 2.05. cambio autonomo: trovar tempo, comprare lampadina, smontare faro, disinserire collettore, togliere gomma, estirpare la vigliacca e inserire nuova fiduciosa collaboratrice luminosa, mettere gomma, inserire collettore. Mani sporche, forse anche maglione bianco sporco. Dita anchilosate che sto cazz di collettore non si toglieva e ci ho le mani fredde. Persa mezzora, tra acquisto e montaggio".
Vince distributore, minkia.
I colleghi insistono: taci donna, tu non sai. Tu compra, noi inseriamo.
Indi, prendo un quarto d’ora per arrivare al lampadinaro più vicino, entro in uno di quei megashore di ricambi d’auto, stravolgendo un tabù, mai bionda era mai di lì oltrepassata. Ritorno in ufficio e metto all’opera i due baldi giovanotti che respirano la stessa aria petrolchimicata del mio ufficio.
Operazione apertura cofano: minuti otto, per contemporanea ricerca della leva sotto il cruscotto, e del gancio per aprire il cofano (sotto lo stemma!!) che non si trova (sotto lo stemma!!) zitta donna, che so io (passaggio di dita attorno a tutto lo scanso fino a trovare, oibò, sotto lo stemma, il fermo).
Smontaggio faro. Intanto…donna, dov’è il libretto?….certo, delle istruzioni, e cos’altro. (ma guarda che basta che…..) zitta, donna. Trovano il collettore, ma tolgono prima la gomma. Si incastrano col maglione alla cannetta del misuratore dell’olio. Rimettono la gomma, tolgono il collettore. No, anzi, provano.
Dentro ogni uomo c’è un mancato MacGyver. Con tagliacarte, forbicina, cavo usb e modem 56k usato, facendo leva, ponte, e pure un umorismo da scaricatore bulgaro al mercato di pesce , provano a togliere il connettore. No, collettore. Mmmm. Si opta per scivolare all’interno della parola, ne vien fuori co(mmm)ttore, e siamo tutti d’accordo.
(ma non è che devi…) zitta, donna. Rimetti la lampadina nuova. L’incastro viene trovato dopo alcune ore, e mirabolanti posizioni sopra il cofano dell’auto. Infine, arriva il sospirato "click"..
Rimettono il collettore. Dimenticano la gomma. Ristaccano il collettore, mettono la gomma, rovescia. Tolgono la gomma, la girano come un calzino (o profilattico doubleface, che secondo me esistono) e la rimettono. E attaccano il collettore.
Donna, accendi l’auto e prova.
Accendo, e il faro si accende. Sguardi di complice soddisfazione, e di onnipotenza maschile.
Costo: sette euro lampadina, indi tre euro di risparmio.
Tempo: un’ora circa, contro i 2.05 minuti del distributore.
Danni: un "crack" non ben definito, sul quale ho deciso di non indagare.
La soddisfazione del vero macho dei miei colleghi: non ha prezzo.