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riassunto

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Siamo campionesse d’europa del volley. Con dentro lo sguardo da tigre. E io mi sento molto rappresentata da quelle ragazze lì, ve lo dico. Prenderei a pallonate in faccia alcune persone, ad esempio. E faccio muro ogni giorno alle cazzate che mi sparan contro, e recupero a bordo campo (e a fine mese) che mi sento anche io da podio.

Il Gabry ha fatto la sua prima lezione di batteria. Son due anni che smartella i maroni con sta cosa, e finalmente ieri si è seduto sul seggiolino, a far riff su cassa, rullante e charleston.
Son rimasta seduta, origliando dal parcheggio attraverso la finestra aperta, pensando che lì sopra c’erano i miei geni e quelli di suo padre, la vita in musica che gli ho infiltrato nell’anima da quando è nato, e quei quattro insegnamenti presi da lui a spugna dalle mie lezioni agli altri.
Nulla potevo d’altro. Ma ero proprio orgogliosa, appena sentivo che andava proprio a tempo. Che il ritmo, il ritmo non lo insegni.

Mercoledì abitavo a Venezia. Sotto alle mie finestre che géra el canàl. Un fiume in piena, l’acqua ricopriva auto e primi piani, telefoni, luce e gas staccati. Il mio metro e mezzo d’acqua lambiva i contatori dell’enel, oltre a sommergere i vicini.
Nell’alluvione, ci si affaccia alla finestra, si scende a provare a sbloccare i tombini, in un gioco di squadra tra sconosciuti che vivono muro a muro, toglier via acqua da dove poi risale, mentre molti altri rinchiusi nelle proprie case attendevano che tutto passasse da solo.

Ora nelle mie strade è un deposito di ricordi. Giocattoli, libri, mobili, elettrodomestici, bottiglie… metri e metri di parti di vita uccisi dall’acqua e dal fango di fogna. Anche un vecchio giradischi, buttato lì in angolo al bidone. E ancora oggi, carriattrezzi a portar via auto seminuove completamente fradice dai garage interrati.
A me è andata bene, per una serie di circostanze fortunate, a parte il pavimento della macchina. Ma la mia Mestre sott’acqua è stato un colpo al cuore.

E’ confortante sapere che anche Elisa ha un fonico di merda. Rimane il fatto che (sorvolando sul genere musicale non così sublime) lei ha una tecnica che comprerei con un mio rene.

Mi avevan tolto internet. Ho passato una settimana e mezza senza linea. Nove/dieci ore sul web al giorno, e poi di brutto me lo tolgono. Non potete capire. Smettere di fumare, in confronto è una cazzata.

Cmq, per ora son tornata. Mi siete mancati tutti, credetemi.

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Che vuoi che ti dica, Marco, ormai tutti i miei sei lettori sanno tutto di me. Ma tu insisti, e vabbéne, ti porgo un poche di cose personali.

Sono raffreddata. Sto in ufficio ugualmente, in quanto povera Cocopro non ho diritto alla malattia. Quando sto male bisogna lasciarmi perdere, sono insopportabile, aggressiva, e alzo la voce.
E’ che non mi andava di alzare le coperte, preferivo godermi le coccole. E mi son presa una malora.

Sono nel blog come sono in realtà. Sarà forse questo il motivo per cui conosco molti blogger di persona, non ho motivi di nascondermi. Te l’ho detto anche di persona, Marco, ognuno di noi regala qualcosa, si impara da chiunque. Poi molti di questi blogger passano nel quotidiano come meteore, altri stanziano un po’, altri ancora rimangono e diventano amicizie speciali.
Non riuscirei mai, invece, ad avere una relazione sentimentale (o sessuale, che diamine, non siamo suore!) con un blogger. L’idea di uno spazio proprio è per me sacra, non potrei scrivere sapendo che uno che è appena stato a letto con me, scriva della mia pelle, o legga del mio cuore.

Mi amo. Amo tutto di me, dai capelli (per cui ho un’estrema fissazione) alla mentalità, al modo di vivere, alle cose che mi gravitano attorno. Eppure, non ho la fissa per le scarpe.
Perchè si sa, gli egocentrici tengono molto al proprio abbigliamento, al pandant estremo, allo stile. E le scarpe ne sono l’apoteosi. Io no. Non ho nemmeno le asics dell’avv.
Oggi ad esempio ho un paio di scarpe da tennis dorate, un paio di pantaloni a sigaretta, una camicia bianca a maniche corte (coi bottoncini che tirano, diciamolo, sto petto prorompente….) e un maglioncino elegante grigio, e un foulard oro a salvare le corde vocali.
Ostia, ho fatto pandant!

Amo il cibo, amo il vino. Secondo me chi non beve teme di lasciarsi andare, e chi teme di lasciarsi andare ha vergogna di ciò che può fare senza controllo.
Io amo far cose senza controllo. Tant’è che non mi riesco ad ubriacare… sono ebbra di vita già in partenza, non si notano differenze.

Dico un sacco di parolacce. Non bestemmio, faccio a pungi con chi bestemmia in mia presenza, ma faccio incetta di fanculo cazzo porca troia e tutto il resto.
Sembro una scaricatrice di porto, nonostante le fattezze da Barbie. Una Barbie nerd, diciamo.

Il periodo più bello della mia vita è stato il Conservatorio. Mi straziavo di prove d’ogni tipo, studiavo 12 ore al giorno, avevo nella testa semicrome al posto dei neuroni. E correvo dietro ai violinisti palestrati, facevo cose turche nei camerini. Ero incorreggibile. Ero presuntuosa. Ero irresistibile. Mi sono divertita un casino.

Sono conscia di non essere una madre canonica. Sono molto "sorella maggiore", dice il giudice, perchè rido e scherzo con mio figlio, e ci gioco più che posso. Sono troppo "autoritaria" a detta delle amiche, perchè lo comando a bacchetta manco fossi un generale.
Ma me ne infischio di quel che dicono gli altri. Sul compito di italiano, dovendo mettere un verbo dopo ogni soggetto, ha scritto: Il cane….abbaia, il telefono….squilla, la mamma…..coccola.

Ho estremo bisogno delle mie certezze: il mio telefono, l’orologio al polso, la mia macchina, la mia casa. Nei periodi in cui mi è mancato uno di questi quattro, mi son sentita menomata del controllo della mia vita. Freud ci andrebbe a nozze con questa cosa.

Otto, fatti.

Chi vuole passare il tempo, faccia altrettanto. ….Etciù!…. ci vediamo poi…

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—– Original Message —–

From: La capa suprema
To: Flauta
Sent: Tuesday, September 18, 2007 6:36 PM
Subject: urgente.
E’ necessario che venga tu a Venezia, perchè ci sono parecchie cose di cui dobbiamo parlare.
Ciao
La capa
Aiuto.
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Vorrei, per una volta, poter scrivere quello che mi passa per la testa senza temere che tizio caio e sempronio leggano.

So che è desiderio di tutti.

Ma quando, per tre volte di seguito, cancello un post, certa d’esser fraintesa, mi vien da pensare che avere un blog è una gran cazzata.

So che lo pensiamo tutti.

Ma non possiamo farne a meno.

 

pillole da matrimonio .02

pillole da matrimonio .02

Le mise da matrimonio.

Sapete cosa intendo, lo so.

In elenco assolutamente casuale:

1- la sposa. Che quando esce dall’auto davanti alla chiesa è sempre beissima. Dopo i primi, con qualche bubbone da zanzara tigre sul décolleté e il trucco ormai svanito con lacrimoni grossi come i bubboni di cui sopra, sembra di nuovo l’amica d’infanzia un po’ goffa inghiottita da una bomboniera gigante di tulle.

2-i compàri e le comàri. Tristemente al tavolo degli sposi, tagliati fuori da quelli degli amici, hanno pettinature fatte con gelatina gli uni, ferro caldo per boccoli le altre.

3-le mamme. Le mamme fanno a gara fra loro tra chi è più giovanile. Hanno vestitini di setina pastello, capelli arricciati e borsette di riserva. Dimenano il velo della sposa durante tutta la celebrazione, danno indicazioni ai parenti, al fotografo, ai chierichetti, ai chicchi di riso lanciati. Sono vere e proprie (scusate il termine tecnico) scassamaroni.

4-i papà. I papà si ubriacano e basta. Pensano a cosa gli costa tutto quello. E si ripetono dentro il mantra "cazzo…cazzo…cazzo…."

5-Le invitate- amiche grasse della sposa, quelle già sposate.Hanno tacchi multicolor e completini di quando eran magre, con lunghi spolverini sopra e i bottoni della giacca come munizioni pronte a sparare. Ci sono le amiche magre, quelle ancora zitelle, con tailleurini da novizia e ballerine, o in tenuta d’assalto, che si dice ai matrimoni si cucca.
Una era in mini e top di pelle nera, con stiletto nero sadomaso, capello nero lungo e mechés argentato. Temo che per essersi travestita da supereroe abbia ottimi motivi di carenze d’affetto. Peccato spaventasse anche l’intero gruppo degli amici dello sposo, intenti a parlare della teologia della figa per tutto il matrimonio (che giusto possono solo parlarne..)

5-Le invitate-amiche separate (con o senza accompagnatore più o meno occasionale). Esilaranti battute sulla vacuità del matrimonio, aneddotica sulle parcelle d’avvocato e sarcasmo a badilate per tutta la cerimonia. E sguardo pietoso per la povera coppia.

Fato, abbi pietà di loro, che non sanno ciò che li aspetta..

 

pillole da matrimonio.01

pillole da matrimonio.01

Si abbandona casa di corsa, lasciando dietro di se un’accozzaglia di vestiti sul letto, l’asse da stiro in mezzo al salotto, un tappeto di scarpe col tacco in corridoio e quattordici tipi di ombretto sul lavandino.

L’organista è un elemento-tappezzeria spettacolare. Ha la vivacità di una penna bic. E’ l’unico che non s’offende se gli dici che suona coi piedi.
E’ interessante come le stesse 4 note scritte dal buon Mendelssohn all’inizio e Wagner alla fine, siano metricamente differenti a seconda dell’organaro. Stavolta sembrava davvero l’inizio di Rocky. Sul preludio di Bach, poi divenuto Ave Maria con l’aggiunta di una battuta e una linea di canto, ci sono versioni identiche da 70 secondi come da 9 minuti e 50, sempre a discrezione dell’organaro.

Lui è partito prima, ma io l’ho superato al cambio di tonalità. Ho vinto.

Da segnalare l’apprezzamento per talune signore, per la mia esecuzione dei panni sangelici*.

Anche questa volta, alla fine della cerimonia, con una spanna di lacrime in terra e parentame completamente ebbro di emozioni, e completamente in pappe, Donna Flauta ha sostituito in extremis colui/colei che doveva leggere la lettera degli sposi (tempi moderni, ora le letture se le scrivono da se’), interpretando da figlia illegittima di Gassman, una pagina e mezza di luoghi comuni e retorica da matrimonio.

Applauso. Lacrime delle suocere.

10 anni di conservatorio. E poi t’applaudono per come leggi.

Tristessa.

 

*Panis Angelicus, del povero signor Frank.

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Ma secondo voi, quanto è simpatica umorista la responsabile della sicurezza, a fare il controllo annuale dei locali proprio l’undici settembre?…..

 

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Tutti seduti in circolo. Abbronzatura opaca ancora addosso, primi maglioni sgualciti addosso e chiudi la finestra che fa corrente. I moderni di qua, i classici di là, io definitivamente messa tra i primi, nonostante il passato. E il divertente sta nell’ereditare anch’io quello sguardo da "voialtri che non leggete il pentagramma", eccome no. Quella di lirica, a cui faccio simpatia, si siede in fianco a me, col suo look discutibile e il suo accento triestino impostatissimo. Gli altri sono tristi, madonna se son tristi.

Il direttore della scuola ha una quindicina d’anni di più dell’ultima riunione (di giugno scorso). Non ce la fa, lo guardo e me lo ripeto. Spiega le cose, si ingarbuglia, e chiede se ha sbagliato le date le cifre che cosa… brusio di disapprovazione, metà dei docenti non hanno ben chiara la situazione.

A me invece fa tenerezza. Si è trovato a settembre senza la sede e con un secchiello di promesse politiche. Ha sborsato una cifra seria per affittare una sede in tutta fretta, che peraltro è bella da morire, per non lasciare tutti a casa, allievi inclusi.

Sentite, ma poi, quest’anno, che progetti, cosa ci inventiamo, avete delle idee… i miei colleghi mi guardano, come se chiedessi la carità. massi, vedi tu, facciamo come l’anno scorso, eh si, mancano dei docenti, chissà chi lo farà, ah io no io nemmeno non se ne parla proprio….

Gabry segue il batterista-che-fa-sangue. Lo aiuta, si fa per dire, a montare gli strumenti nella nuova sede. Qualche lezione la farà, sembra che davvero gli piaccia. Lo guardo, il mio figlio musicista, e in lui vedo i miei allievi, e gli allievi degli altri che son sempre anche un po’ miei. Mi dico che davvero quest’anno non sapremo se si prenderà lo stipendio, davvero non ci voleva. Che me lo dicono adesso, fosse stato giugno mi cercavo un’altra scuola.

Salgo in macchina, guardo il balcone dove stanno appendendo uno striscione enorme, che annuncia alla città che l’accademia sopravvive, che si inizia tra poche settimane. Nonostante le crudeli promesse di sindaci e compagnia bella, nonostante lo sfratto per edificio pericolante (che mi immagino a quale banca lo venderanno…), nonostante il malcontento tra gli insegnanti che prenderanno ancora meno, e quello degli allievi con 5 euro di retta in più al mese.

Salgo sull’argine, c’è un tramonto da paura…. nuvoloni neri, grigi, violacei, e un sole che solo così può sembrare arrogantemente bello. Il rosso dipinge tutto, anche il traffico dell’ora di cena. Mi sento abbattuta, demotivata. Parlo con Gabry, cerco di distrarmi, scendo per la discesa che porta alla casa di Andrea, e lo vedo lì col sorrisone.

E in frigo ci sono le torte avanzate dall’altra sera, quando ci siamo ritrovati con la mia classe. I miei gioielli. Li focalizzo, mi concentro, scavo nella mente alla ricerca di quella sensazione,che mi prendeva uscendo dal portone della scuola la sera, col cuore gonfio d’orgoglio, sentendo di aver dato qualcosa loro, sapendo d’essere servita a qualcosa, sentendo che loro servono a me forse molto di più.

Ingrano la marcia, torno in strada, e Gabry canta ancora una volta Smoke on the water. E i pensieri si spengono.