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Le immagini della sua città fuori dal finestrino, e l’ansia che le aggroviglia i visceri. L’autista del taxi non dice una parola, nemmeno la radio a metterla a suo agio. Un notiziario monocorde cerca di rapirle i pensieri verso il presente, ma la sua mente si ribella. Via, via di qui, alla svelta.

Lo svincolo dell’aeroporto, quattro banconote al taxista e appoggia lo stivale sul marciapiede. Una borsa con un cambio, la bretella rigida  le tira i capelli, intrappolati nel velcro, il pesa sulla spalla. Entra nella hall, cerca indicazioni per il check-in, sistemandosi la giacca per sembrare quantomeno a suo agio, se non presentabile. La hostess confronta la voto del passaporto col suo volto, lei alza il volto e la fissa, con sfida. Voglio starti sulle balle, si, così non mi dirai nulla, niente conversazione, niente "buon viaggio". La hostess aggiusta il foulard, fa saltellare sulla tastiera di un pc due dita dalle unghie laccate pacchianamente, e contraccambia l’acidità riducendo al minimo i verbi. E con sdegno, glielo dice, "buon viaggio".

Acquattata accanto al finestrino, non legge nulla, non ascolta nulla, ebbra dei suoi pensieri, delle sue visioni. Deve trasformarsi in quel vetro satinato, impenetrabile, oltre cui non passa nulla. Il vuoto, la rabbia, il desiderio di piangere e gridare, disperarsi, tutto rinchiuso in una scatola sigillata, a prova di implosione.

Vi prego non chiedetemi nulla. Lasciatemi guardare la mia vita laggiù, sparire in cumuli di fumo e nuvole.

Il vuoto d’aria dell’atterraggio, una leggera scossa d’adrenalina che ha sempre messo una lama, tra un addio e un rieccomi. Il primo sms, sono fuori al parcheggio, Suv azzurro, fai presto.

Si guarda attorno, come se il mondo la vedesse, sapesse, la fissasse. Come se un’immensa etichetta le fosse cucita addosso. Raccoglie le sue legittimità, strafottente, vede l’auto. Può tornare a casa. Tenersi un briciolo di dignità, maturità, fedeltà. E ci pensa, si che ci pensa. Ma il passo rimane deciso, nessuna incertezza.

Bussa sul finestrino, sorride. Basteranno poche ore, e quelle mani addosso non daranno più fastidio, quei baci saranno più convincenti, la risata di circostanza sarà più convinta. Basta rilassarsi, perdiana.

Aprendo gli occhi, un soffitto colorato, di mille camere d’albergo tutte uguali, da questo a quel lato del mondo. L’odore di buon sesso che scivola via sotto la doccia, acqua purificatrice che segue il contorno del volto, a lisciarle i lunghi capelli, ad accarezzarle i fianchi. Le domande fanno capolino, chiedono, urlano, voglion spiegazioni, ma son cacciate via. Il volto struccato le mostra la versione delle sue vendette, di cui solo il suo orgoglio verrà mai a conoscenza.

Sale in auto, sai ho un convegno, un’importante riunione, davvero sono già in ritardo, ma ti chiamo, eh, ti chiamo. Lei finge di credergli, e anzi, spera che proprio non richiami. Lo vede in lontananza, togliersi un capello dalla giacca, e fissarne ogni altro lembo, che non si sa mai. E sorride, che quel gesto lo ha visto fare da tutti quelli con cui aveva condiviso un’ora d’amore.

L’hostess le sorride, bella giornata eh? Le risponde il suo sguardo, con sottotitoli chiari: fatti i cazzi tuoi.

Risale sull’aereo, guarda fuori, ancora. Fine della parentesi, si riprende la solita vita. E tra le nuvole, si risveglia dal limbo delle sue vendette. Prende una rivista, la sfoglia, respira. Un sospiro che getta via le tensioni, l’antipatia. E nello stupore dell’ennesima hostess, si scopre ad esclamare a gran voce "..ma come cazzo si fa a comprarsi un suv azzurro….".

11 pensieri riguardo “nessun titolo

  1. Una doppia vita…chi non ce l’ha?

    Nei nostri blog mettiamo la nostra anima così com’è, proteggendo il corpo dietro ad uno schermo…

    Bella, Fla, come sempre…

  2. Per un paio di volte ho quasi fatto un viaggio così. Una volta, nel ’95, in macchina. La meta era lì dalle tue parti: Malcontenta. Ero convinto al 99%…ma l’1% mi ha detto di lasciar perdere, anche se era tutto pianificato o quasi. Invece di prendere la A4 presi la strada per andare a lavoro.

  3. indiano, glielo confido: io sono incapace di cambiar strada. Sarà che non ho buoni motivi per ripensarci….

    baby, mah, io qui son sempre quella. un po’più delusa del solito ma pazienza. è che il 2008 è un anno di merda per la bilancia.

  4. no, il sigaro è una buona cosa.

    (ogni tanto lo fumo anche io, eh, per quello che preciso)

  5. Si ricorda? la fuga a Roma, e dorme da lei o dorme al Jolly Hotel, e poi rinuncia e torna all’albergo fumando il suo sigaro attraversando la piazza. Che io le cose me le ricordo (quasi tutte).

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