La cosa sbagliata

La cosa sbagliata

Ho messo in pausa.

Ho aperto quella parte buia ed arrabbiata, ho iniziato a guardare tutto, leggere tutto, rivivere e bruciare quanto potevo, tentando di accettare di dover convivere per sempre con molto altro.
Non è un cazzo facile.
Ogni minuto mi dico di star facendo una enorme cazzata, più grande di me. Era meglio prendere e starne lontana, lontanissima, dimenticando e basta, come quelle zuppe che si bevevano negli alberghi dell’Est, ci si diceva sempre di prendere col mestolo la minestra senza mescolare, per paura di ciò che poteva venir a galla.
Dio santo se ne vengono a galla, tante cose. E non puoi condividere, non puoi parlarne, perché ti senti noiosa da sola.

Eppure ce n’è una marea, di cose. Ci sono immagini che scorrono, parole e azioni che vorresti scacciare, e che invece senti che sono parte del tuo essere, tramandate da una stirpe stronza. C’è tutta una serie di sentimenti che arrivano, ti sconquassano, li affronti e dirimi, li superi ed archivi. Un respiro e niente, ne arriva un’altra sporta, e da capo.
E io con quella mania di voler essere capita e consolata, e vederne le ragioni ovunque, incastrate in un’infanzia senza bei ricordi, in un’adolescenza in cui l’unica gioia era scappare, ecco, io sto ancora a dirmi “Nessuno mi ascolta, nessuno capisce”. E’ che in effetti è così, chi cazzo vuoi che capisca. Sei uscita da lì, ma mica grazie a qualcuno, mo’ affronta questa merda e vedi di reagire, alla svelta.

Quando entro in quella casa, per quanto io stia cercando di render tutto diverso, ogni millimetro mi prende a schiaffi. Son schiaffi che colpiscono la carne viva, esattamente dov’erano arrivati la prima volta. Le porte, le porte le ricordo solo quando le sbattevo per andarmene via. E le finestre, le finestre.
Mi ripeto che faccio la cosa sbagliata, ah okay, l’ho già detto. Ma magari fa bene ripetermelo, e dirmi anche “non ce la faccio”, perché lo dico sempre, quando non riesco a risalire, ma poi esco.
Certo, servirebbe il Sandro che sta lì in silenzio ad aspettare che io prenda fiato. Oppure un integratore di quelli belli tosti. O concentrarmi sulla birra, all’uscita.
O magari, l’illusione che questo viaggio schifoso serva a qualche cosa.

Ecco. Secondo me tutta sta merda non mi serve a niente. Ma proprio a niente.
E allora, levigo i pavimenti, i mobili, tolgo la polvere e la rabbia, la cattiveria, l’odio. E in mezzo tolgo anche le cose belle, ed è forse il prezzo da pagare. Non riesco a sognare o programmare un cazzo, non mi viene nemmeno la stoica ironia. Non ho più voglia nemmeno di suonare.
Il dolore serve, dicono. Serve a far rinascere le cellule della felicità, dicono. E certe cose devi affrontarle, così dopo anvedi come stai meglio, dicono. In fondo ho preso una non-decisione, ho accettato il minor dei mali, ho abbracciato la resilienza, per pigrizia o per sopravvalutazione delle mie energie. Ho accettato la non-fuga, condita di numerosi “ma cosa cazzo stai facendo”, come se la mente dicesse una cosa e il corpo ne avesse proseguita un’altra, un automa masochista e incosciente. E senza una cazzo di luce alla fine del tunnel.

E quindi, quindi niente. Continuiamo sta cazzo di cosa. Tutta, completamente, sbagliata.

Un pensiero su “La cosa sbagliata

  1. Esci sbattendo la porta dietro di te
    E poi rientra, magari in retromarcia
    Guardati intorno e nota che niente è più come prima, è tutto nuovo… e se non ti sembra così, esci di nuovo sbattendo la porta. E poi rientra
    E sì, lo so, il problema sono i dannati ricordi, quelli non li puoi spolverare come fossero ragnatele, se ne stanno la, piantati nell’anima come chiodi…. ma accidentaccio a loro, pure quelli più tenaci prima o poi sbiadiscono e possono essere rimpiazzati
    E se la scelta è sbagliata…. oh, a volte le scelte più sbagliate sono quelle più giuste
    (quando scrivi queste cose sappi che ho una gran voglia di mollarti un calcio (piccolo) e un abbraccio (grande))

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