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Dopo una 3giorni enogastronomica alpina, dopo le cene con gli amici, i pomeriggi liberi per poter cucinare in tranquillità, e con quel buongustaio di figlio-betoniera che si mangia anche il disegno del piatto di portata, arrivano le partecipazioni.

Apro la busta con terrore…. ebbene si, non mi sarà concesso nascondermi dietro l’organo tutta la cerimonia, dovrò inquisire il ristoratore del pranzo per sapere la tonalità precisa delle tovaglie, tra cui dovrò confondere le mie forme.

E non infierite. Lo so che sono quasi sempre rosa. E io odio il rosa.

Giacchè…ho preparato una lista. Una lista di cose che posso mangiare, per apparire tonica ed elastica tra ex vicini di casa, amici di un tempo, e possibilmente l’amico dello sposo da poco separato-triste-incercadiconforto (possibilmente post-tiraccontocomèfinitoilmiomatrimonio e pronto alla fase melavogliospassare).

Che la verdura gonfia, la frutta contiene troppi zuccheri, la carne ha troppe proteine, la pasta son carboidrati fissi, non parliamo di dolci ed alcolici.

Insomma, acqua.  Da domani post equilibrati.  

Il Gabry già attivo per stare al banchetto coi bambini, e io mi rassegno alla tavolata dei single. Perchè, amore mio, ti amo troppo per costringerti a seguirmi. Quindi mi sacrificherò a fingermi nubile.
Il vestitino di seta in stile "l’amica della sposa", le scarpette col tacco che mi faranno piangere al matrimonio (…), e il refrain del "ma chi me l’ha fatto fare". Io odio i matrimoni.

 

 

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Zum Zum….

Flauta, in versione "venezia73 in cinque minuti…." carica la contessa madre e il sociologo nell’amata enfant terrible, non senza problematiche di mal di schiena del sociologo (seduto dietro), gamba da bionicare (della contessa madre), e di notevole dose di sonno della taxista (me).

Zum Zum…

All’ospedale della città romantica, la contessa ne avrà per una decina di minuti, giusto per spararle un laser sul cristallino e renderla un ciccinino più sopportabile (che già ha un udito alla Beethoven, mo’ stava diventando cittadina praghense..) (questa è difficile. rileggetela di nuovo).

Zum Zum….

La contessa è molto teatrale, come l’indegna figlia, e il settenne nipote. Ma se nel penultimo esempio si tratta di inclinazione alla recitazione comico-sarcastica, per la contessa c’è una specializzazione nel drammatico. Lei non si fa un intervento in day hospital al cristallino….lei fa l’OOOPPEEERAAAZIOOONNEEE.  Pauuura. E barcolla, e soffre (minkia come soffre). E non vede, e non cammina, e non ce la può fare. Peccato che non consentano la soppressione di più di un famigliare (nel mio caso, il gatto) a settimana. Altrimenti portavo mammà dal veterinario di corsa.

Zum Zum….

Recupero la degente a Piazzale Roma, all’uscita dell’imbarcadero. Carico il santosubito sociologo dietro, e la contessa madre arlecchiniana (orbo de na récia, sordo de un òcio..) in fianco, attendendo un paio d’ore affinchè riuscisse a riporre gamba sinistra-natiche-schiene-ocioallatesta-gamba destra-braccia e quant’altro all’interno della mia fuoriserie. Mi son voltata più volte, che nell’attesa ho approfittato per un’abbronzatura lagunare a prova di scollatura.

Zum Zum…..

Il racconto in auto somiglia molto al bombardamento di Sarajevo, ma non mi sembra carino farlo notare. Eppure, dentro di me..

Zum Zum…… Sol (secondo rigo) Do (terzo spazio). Una quarta ascendente. Sol in levare, do in battere.

Si. Mi veniva continuamente da cantarla.

Zum Zum….Capitan Harlock!  Zum Zum….Capitan Harlock!!

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Scava la fossa, scava la fossa.

Immergi la vanga nella terra, prendi le misure del ricordo e del rimorso. Non c’è incuria, non c’è errore, ciò che potevi fare l’avevi fatto. E goccia su goccia una flebo di speranze di tenerla a fianco. Lei, e un trancio di esistenza che non vuoi mollare, dimenticare, superare.

Scava la fossa, scava la fossa.

Il sudore misto alle lacrime, vedi tutto opaco come opachi i ricordi della tua casa a Fontane, quando eri una ventenne malata d’indipendenza, e quei baffi e quel batuffolo multicolore entrava da padrona nelle due stanze ch’erano la tua casa. E facevano compagnia, e davano calore, e mettevano vita. Opaco il ricordo di averla portata nella tua nuova dimensione di sposina perfetta, poi a dormire sulla culla di tuo figlio, fino al terrazzo fiorito della nuova casa, oltre il guado. Ti ha vista passarlo. Ti ha accompagnata col suo esistere strafottente, che i gatti se ne sbattono se piangi, approfittano solo delle tue coccole disperate.

Scava la fossa, scavala fonda.

Che nessun animale venga qui, nella notte, a tirarla fuori, ormai blocco rigido, stecchito. La morte che la trasfigura, la vedi? La faccia reale della tua paura, della tua solitudine.

Liquido che passa, siringa su tubo, tubo su ago, ago su vena, sangue nel cuore. E il cuore si ferma. Freme ancora, eppure non c’è più vita. La copri, la metti sul suo trasportino rosa. Che a cosa serve ormai, come se potesse scapparle l’anima da li.

Scava la fossa. Scavala.

Riempila in fretta, riponila con cinismo, come cosa di ogni giorno. Un macellaio senza sentimento, il mucchio di luoghi comuni, era meglio così, la vita viene la vita va, e tu scavi. La vanga che apre in due le zolle, e tu sei solo una femminuccia, scavi nella terra che sembra cemento.

Le vesciche sulle mani. Un dolore sporco di terra, di rassegnazione, di rimorsi per non aver dato mille carezze in più.

Ricoprila. Ricoprila con terra, scava con le mani attorno e ricoprila. Disperati, fallo pure. Che questo tuo funerale privato deve servire. Fuori dovrai essere la solita cinica, fredda e calcolata, e dirai che il gatto l’hai messo in frigo, chi viene a cena? E la polenta, col gatto.. andrà bianca o gialla?

Sciocca donna, ridicola. Ricopri bene. Appoggiaci sopra un fiore, come ti ha chiesto tuo figlio. Il tuo cavallo, di là, nitrisce e chiama, che cazzo fai si chiede, a scavare in terra.

E un gattino nero, di pochi mesi, ti guarda da lontano. Vuole già riempire il posto vuoto.

Forse. Quando la terra dalle mie mani avrà smesso di bruciarmi la pelle, di bruciarmi l’anima.

Ciao principessa.

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Si, beo beo.

Un beissimo Dell, grando, uno schermo modello poster, un masterizzatore dvd che potendo scaricare, farei il bisnesssss. E un processore veloce (con, al posto del solito topolino che gira la ruota, addirittura Speedy Gonzales), che mi garba proprio. Ormai il mio ufficio è meta di pellegrinaggio per tutti i colleghi.

E no che non lo dico, a chi l’ho data per avere il pc nuovo, inutile insistere.

Però non ho più flash. E aggiornare il pc non posso, ‘che non sono l’admin del mondo. E quindi addio a You Tube, addio a alla mia amata RadioBlog, addio al potenziale cazzeggio di frodo.

Mi tocca lavorare, SOLO lavorare. No dico. Ma vi pare una bella cosa?

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Ma siete fuori? 50mila e passa visite??

Beh. Volevo rendervi partecipi. Il Gabry è in ferie col papà. Io stasera ho chiamato i Serenissima Dream men a ballare in salotto. Ho organizzato un pigiama party, senza pigiama, e samba patì (eeeeeeee me amigo ciarly braun….) fino all’alba.

Devo trovare una piantina di menta per il mojiiiiito.

Domani non vengo al lavoro, nonono. Liberaaaaaaa!!!!!! Hic.

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Infondo sono pur sempre una bloggeuse. Ovvio che ho una gatta. Ovvio che prima o poi ve la mettevo, la sua foto.

Mi è crollata dall’oggi al domani, quella roccia. E mo’ le faccio le flebo ogni giorno, e la sua pazienza e fiducia mi onora. Non è affatto una micia facile, e io non sono proprio un’infermiera modello.

Sarà che vivo con lei da undic’anni, e la nostra amicizia è durata più di quelle umane. Invidio la dignità con cui soffrono gli animali. E mi si squarcia il cuore vederla così giù, proprio ora che le cose si son sistemate.

E vabbè. Confidiamo nelle altre sei vite, e giù di pere.

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La mia firma, in fianco alla sua.

La sua fatta di fretta, come sull’altare. La mia fatta sorridendo, come sull’altare. Ed è finita.

Anni fa pensavo che avrei pianto con quella firma, eppure ero così allibita, così incredula e sorpresa che la questione avesse finalmente preso la piega giusta…che ho firmato così, senza pensarci troppo.

Gabry starà con me. Ho vinto la battaglia, ho chiuso il capitolo più nero della mia vita, ho oltrepassato sei anni di guado, quasi indenne. Ed ora un giudice cinico ha visto nero su bianco, e non ha potuto fare altrimenti. Anzi, potendo ha fatto anche di più. Ci ha messo una vita per vederci chiaro, e taci che finalmente c’è arrivato. Ed ora, con quella firma, è finita.

Oggi non è più un giorno come un altro. Bacio mio figlio, e abbraccio la mia nuova vita.

Devo cambiare template. Eh, bisogna per forza, adesso.

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– Vojo rimanere qui!

– Cerca di capire, stellina, dobbiamo tornare a casa per mangiare, ma poi torniamo!

-Vojo rimanere qui!

– Cucciolotta, su, vieni col papà, che ti spiega. L’orario incluso tra le dodici e le quindici è sconsigliato all’esposizione solare, per un’intollerabile concentrazione di raggi UVA e UVB, che provocano un’innalzamento vertiginoso del rischio di melanoma. Che altro non è che un calcinoma della pelle. Soprattutto i minori, tra gli zero e i sei anni, devono assolutamente rimanere al riparo durante il periodo centrale del giorno..

– Vojo rimanere qui!

– Tesoro, ti rispiego allora. Il tuo fototipo, carnagione chiara e capelli biondi, ti pone nella graduazione di rischio, seconda solo al fototipo dei capelli rossi. E’ consigliato infatti un uso abbondante di schermo totale, quello blu che ti mette mamma, in quanto poi hai numerosi nei sulla schiena (eredità della nonna di mio zio da parte del cugino Arturo. Te lo ricordi il cugino Artuto?)…

– Vojo rimanere qui! Uaaaaaaaaah uaaaaaah uaaaaah

– Caro, aspetta che le spiego io. Tesoro, comprendimi, i raggi solari sono ora molto più irruenti di un tempo, a causa del buco dell’ozono, che è stato causato dall’uso spropositato di lacca per capelli negli anni Ottanta. Ma sai, a mamma piacevano tanto i duran duran..

– Cara, perdonami, stai fuorviando la bambina. Deve comprendere perchè le diamo tale veto.

-UAAAAUAAAAAUAAAAA …….caTivi! vojo rimanere qui!

– Giulietta, guarda che papà non ti porta più!

– (caro ti prego, non è educativo minacciarla, su…) Giulietta, dai che a casa c’è il gelato, e le Principesse sirene in tv…

– (cara ti prego, non adularla, non comprarla con mezzucci simili, non è educativo…)

– Uuaaaaaaah ! vojo stare qui! basta! Cativi!!!

Flauta (mode beach on) guarda la famigliola cedere, e portare la bimba in acqua, il padre con l’ombrellone a mano per proteggerla dai raggi solari, la madre con gigantesco specchio respingente, pigliailbimbobeghelli al collo e ciabattine in vera pelle di squalo pronte a salvare i piedini della principessa una volta tornata sulla sabbia, ovvio ricettacolo di qualsivoglia tremendo pericolo plantare.

Guarda e, dal profondo del diaframma, esprime (non volendo, a voce impostata) il proprio parere, sul modo "moderno" di spiegare i divieti ai figli.

– Io gli tiravo uno sganassone, altrochè.

Applauso e standing ovation corale di tutta la riviera adriatica.

 

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E’ importante avere buoni propositi di venerdì. Incasellare minuziosamente i momenti relax e gli appuntamenti mondani, assemblando nei ritagli spesa e pulizia della casa, lavatrice e compiti del pupo.

Ma mi, a dirla tuta, sto uikend non farìa un casso.

Ebbra di questa affermazione, chiudo baracca tra mezzora. Vado a casa, mangio, dormo, e recupero il pupo alla fine del centro estivo con una bella corsa in bicicletta. Nel mix ci metto playstation, doccia calda con scrub e cremine varie, e serata al Calice a sentire gli amici (amici, diciamo che vado a vedermi il mio collega batterista dall’occhio ceruleo, che fa parecchio sangue….) e a intingere l’ugola nell’alcool.

Sempre che il mio ex cane la smetta di mandare mio nipote all’ospedale. Sempre che la mia gatta non mi faccia correre di nuovo dal veterinario. Sempre che un ventenne mulatto palestrato non bussi alla mia porta chiedendo un’aranciata.

Ce la posso fare. Ce la posso fare.