pillole da matrimonio .02

pillole da matrimonio .02

Le mise da matrimonio.

Sapete cosa intendo, lo so.

In elenco assolutamente casuale:

1- la sposa. Che quando esce dall’auto davanti alla chiesa è sempre beissima. Dopo i primi, con qualche bubbone da zanzara tigre sul décolleté e il trucco ormai svanito con lacrimoni grossi come i bubboni di cui sopra, sembra di nuovo l’amica d’infanzia un po’ goffa inghiottita da una bomboniera gigante di tulle.

2-i compàri e le comàri. Tristemente al tavolo degli sposi, tagliati fuori da quelli degli amici, hanno pettinature fatte con gelatina gli uni, ferro caldo per boccoli le altre.

3-le mamme. Le mamme fanno a gara fra loro tra chi è più giovanile. Hanno vestitini di setina pastello, capelli arricciati e borsette di riserva. Dimenano il velo della sposa durante tutta la celebrazione, danno indicazioni ai parenti, al fotografo, ai chierichetti, ai chicchi di riso lanciati. Sono vere e proprie (scusate il termine tecnico) scassamaroni.

4-i papà. I papà si ubriacano e basta. Pensano a cosa gli costa tutto quello. E si ripetono dentro il mantra "cazzo…cazzo…cazzo…."

5-Le invitate- amiche grasse della sposa, quelle già sposate.Hanno tacchi multicolor e completini di quando eran magre, con lunghi spolverini sopra e i bottoni della giacca come munizioni pronte a sparare. Ci sono le amiche magre, quelle ancora zitelle, con tailleurini da novizia e ballerine, o in tenuta d’assalto, che si dice ai matrimoni si cucca.
Una era in mini e top di pelle nera, con stiletto nero sadomaso, capello nero lungo e mechés argentato. Temo che per essersi travestita da supereroe abbia ottimi motivi di carenze d’affetto. Peccato spaventasse anche l’intero gruppo degli amici dello sposo, intenti a parlare della teologia della figa per tutto il matrimonio (che giusto possono solo parlarne..)

5-Le invitate-amiche separate (con o senza accompagnatore più o meno occasionale). Esilaranti battute sulla vacuità del matrimonio, aneddotica sulle parcelle d’avvocato e sarcasmo a badilate per tutta la cerimonia. E sguardo pietoso per la povera coppia.

Fato, abbi pietà di loro, che non sanno ciò che li aspetta..

 

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Tutti seduti in circolo. Abbronzatura opaca ancora addosso, primi maglioni sgualciti addosso e chiudi la finestra che fa corrente. I moderni di qua, i classici di là, io definitivamente messa tra i primi, nonostante il passato. E il divertente sta nell’ereditare anch’io quello sguardo da "voialtri che non leggete il pentagramma", eccome no. Quella di lirica, a cui faccio simpatia, si siede in fianco a me, col suo look discutibile e il suo accento triestino impostatissimo. Gli altri sono tristi, madonna se son tristi.

Il direttore della scuola ha una quindicina d’anni di più dell’ultima riunione (di giugno scorso). Non ce la fa, lo guardo e me lo ripeto. Spiega le cose, si ingarbuglia, e chiede se ha sbagliato le date le cifre che cosa… brusio di disapprovazione, metà dei docenti non hanno ben chiara la situazione.

A me invece fa tenerezza. Si è trovato a settembre senza la sede e con un secchiello di promesse politiche. Ha sborsato una cifra seria per affittare una sede in tutta fretta, che peraltro è bella da morire, per non lasciare tutti a casa, allievi inclusi.

Sentite, ma poi, quest’anno, che progetti, cosa ci inventiamo, avete delle idee… i miei colleghi mi guardano, come se chiedessi la carità. massi, vedi tu, facciamo come l’anno scorso, eh si, mancano dei docenti, chissà chi lo farà, ah io no io nemmeno non se ne parla proprio….

Gabry segue il batterista-che-fa-sangue. Lo aiuta, si fa per dire, a montare gli strumenti nella nuova sede. Qualche lezione la farà, sembra che davvero gli piaccia. Lo guardo, il mio figlio musicista, e in lui vedo i miei allievi, e gli allievi degli altri che son sempre anche un po’ miei. Mi dico che davvero quest’anno non sapremo se si prenderà lo stipendio, davvero non ci voleva. Che me lo dicono adesso, fosse stato giugno mi cercavo un’altra scuola.

Salgo in macchina, guardo il balcone dove stanno appendendo uno striscione enorme, che annuncia alla città che l’accademia sopravvive, che si inizia tra poche settimane. Nonostante le crudeli promesse di sindaci e compagnia bella, nonostante lo sfratto per edificio pericolante (che mi immagino a quale banca lo venderanno…), nonostante il malcontento tra gli insegnanti che prenderanno ancora meno, e quello degli allievi con 5 euro di retta in più al mese.

Salgo sull’argine, c’è un tramonto da paura…. nuvoloni neri, grigi, violacei, e un sole che solo così può sembrare arrogantemente bello. Il rosso dipinge tutto, anche il traffico dell’ora di cena. Mi sento abbattuta, demotivata. Parlo con Gabry, cerco di distrarmi, scendo per la discesa che porta alla casa di Andrea, e lo vedo lì col sorrisone.

E in frigo ci sono le torte avanzate dall’altra sera, quando ci siamo ritrovati con la mia classe. I miei gioielli. Li focalizzo, mi concentro, scavo nella mente alla ricerca di quella sensazione,che mi prendeva uscendo dal portone della scuola la sera, col cuore gonfio d’orgoglio, sentendo di aver dato qualcosa loro, sapendo d’essere servita a qualcosa, sentendo che loro servono a me forse molto di più.

Ingrano la marcia, torno in strada, e Gabry canta ancora una volta Smoke on the water. E i pensieri si spengono.

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Giuro, mi piaceva. Ho passato tre anni di treno ascoltandola tutte le mattine, dalle sette all’entrata in ufficio.

Volevo dire che mi son rotta i maroni di Platinette.

Ma cercando foto su di lei, ho trovato questa. Domani la ascolto per tutta la coda di via Torino, per riconoscenza.

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E’ passato IL DIRETTORE.

Il DIRETTORE è un ometto risultante da un paintshop a casaccio tra Occhetto e Einstein. Entra, ti guarda sprezzante e ride. Ride come se avessimo tutti la bocca sporca di marmellata.

Quando arriva, non avvisa. L’azione che provoca è uno scatto incontrollabile. Poi con nonchalance si rotea il mouse a chiudere le varie finestre di messenger, corriere, blog vari, mettendo a tutto schermo il serissimo programma dell’ufficio. Il telefono scivola dalla mano all’interno della manica della camicia, passa alla gamba, alla punta della scarpa, e con un calcio alla Pelè arriva fin sotto la cassettiera, con botticella giusto in testa, per annullare la suoneria. Si, perchè la suoneria con i Muppets suona sempre e solo se c’è il DIRETTORE.

Appena si volterà un istante, daremo una botta strategica alla pila di carte, distribuendole sulla scrivania come a dire "perdinci quanto lavoro ho signor direttore", il quale si girerà per beccarci in tempo, al suono di un due tre…stella!

Quando arriva il DIRETTORE, è il momento in cui ci si vergogna davvero della propria scrivania. Il pupazzetto, la matitina con la zebra appesa, la piantina mummificata, i memorandum scritti in dialetto, la cartina della grecia, la stampa del codice Ebay, il catalogo Ikea… e una moltitudine di disegni del bimbo.

Mentre parla, tutti li ad ascoltare, e olè, mi scatta il salvaschermo con le immagini dei rugbisti ignudi. Parte la gomitata al mouse, con sorriso di circostanza al DIRETTORE, che ci ha visto, oh se ci ha visto. 

Fa una domanda: una cazzo di domanda. La so, la so! Sudo, arrossisco, cerco di sembrare più professionale possibile. Scarto il vocabolario mentalmente per trovare il burocratese più adatto, a vicenda completiamo le frasi una parola a testa. Okay, discorso concluso. Altra domanda: mi allargo. Prendo il via, mi scappa un "cazzo" nel mezzo di una descrizione polemica. Sistemo un "porca….miseria" cercando di fingere concitazione, per giustificare la scivolata, e parto con vari perdinci, capperi, perbacco. Sembro mi’ nonna. Le stampo tutto, le mando via mail, le preparo un fascicolo, le presto il mio spazzolino da denti, le pulisco le scarpe coi capelli, Signor DIRETTORE, perdindirindina, tutto quel che vuole.

Mi guarda, sorride, prende qualcosa dalla mia scrivania e se ne va. Ridendo.

Non saluta, lui è IL DIRETTORE, ci mancherebbe. Dicono che mi stima, poi, quindi posso star tranquilla.

Si però. Mi ha rubato la matita con la zebra. Cazzo.

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Denuncia A – denuncia B – denuncia C.

Mantenimento, spese legali, orgoglio orgoglio orgoglio.

Insulti, minacce, danni.

Casa, mutuo, caldaia nuova, finestre nuove.

Macchina vandalizzata, telefono rotto a terra, carabinieri, lacrime di bimbo.

Orgoglio, orgoglio, orgoglio.

Come dire. Però se mollo…….

 

Mollo, mollo.

 

Update

Non mollo. Col cazzo che mollo.

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Ancùo si celebra il Giornoblog, si debbe (participio fantasioso di dovere) segnalare 5 blog. Dovrei esimermi da questa meravigliosa scemenza per passare il tempo, forse? Giammai, miei cari cinque lettori!

Iniziamo con la Stefi. Dicono che dal vivo sia uno spasso. Eppure, pur essendo un ingegnere pure lei, scriverebbe benino, se non fosse per il pessimismo cosmico e depressivo che vien fuori nel blog.
Che poi, poche balle, alla Stefi sto sui maroni (eheh). Leti, piantala di ridere adesso.

Proseguiamo con Transit. Avevamo organizzato un pranzo meraviglioso a Venezia, con una decina di convenuti. Era il principale organizzatore. E ha tirato un pacco clamoroso, nonostante non sia un bambino di dieci anni, nonostante sia pregno di "ci facciamo un caffè, quando passo ci vediamo, bisogna che ci incontriamo presto" e altre panzane che distribuisce in giro.
La vendetta è un piatto freddissimo, ma ho un microonde da favola.

Ora vi do’ il link anche della avv, link che non funge perchè (sta egoistona) ciclicamente cancella il blog, sposta il link, e fa perdere le sue tracce. Non si fa mica così. Soprattutto se si scrive così bene.

In sospeso da mesi c’è pure la Signorina Felicita, splendida fumettista, che con un post catastrofico ha messo punto, chiuso i commenti, e fine. E non si fa, diamine.

Ed infine, MisterGiovane. Mi ha cazziato, per colpa di una morosa gelosa. Che diamine, certi uomini si fidanzano e non si può più scherzare.

 

Bon, fatta anche oggi.

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– senti…. posso venire anche io?

I puntini. Lui risponde con i puntini, anche se è al telefono. E si dice, adesso mi spiccio a risponderle. E sarò anche chiaro, sereno, preciso. Non me l’aspettavo, lei non mi ha mai chiesto nulla così.. magari ci ripensa. O magari, le succede quello che succede a me.

– Certo. Perchè lo chiedi? 

Lei studia il tono della risposta, decide come sempre se è sincero o meno. Si dice che lui le ha risposto subito. Tranquillo, deciso, stupito, o forse se l’aspettava benissimo. L’ho chiesto d’impulso, che ne so, volevo capire, provare, non c’entrava un tubo forse se potevo venirci o meno. Boh. Forse anche a lui succede quello che succede a me.

– Non lo so. Ho preferito chiedere.

– Allora mi informo bene e poi di do i dettagli.

Silenzio. I puntini. E’ come prendersi per mano, e provarci. Se siamo ancora qui, deve esserci qualcosa sotto. Cambiamo discorso, ho dei casini in ufficio, un concerto chissà dove, la scuola. 
E penso solo…. è tutto vero? Sono a riva, ho passato il guado. Esco dall’acqua, zuppa e col fucile in mano. E ti ritrovo li, zuppo e col fucile in mano. E scoppiamo a ridere.

Andiamo, che si è fatto tardi. Scusa sai, ma io c’ho i miei tempi.

 

l’invenzione dell’anno

l’invenzione dell’anno

Dopo anni di studi e indagini di mercato, non poco provati dalle recenti fughe di cervello all’estero (nel senso neuronale del termine), l’Università di Biondologia Applicata MaRgheRa, nella fattispecie lo staff della Dott. Hanna Flautas, ha l’onore di esporre in questa sede l’ultimo grande prodotto della creatività lagunare, in collaborazione con l’efficace intervento sulfureo di Petrolchimico, Montedison e Enichem, che dell’Università sono sponsor ed aeratori integerrimi.

Una miglioria essenziale alla generica esistenza dell’homo moderno: Il pulsante orgasmico.

Nulla di riproducibile in natura: il pulsante orgasmico è un particolare ritrovato con cui, senza ulteriore sforzo, si ottiene istantaneamente una sensazione d’estasi pari a quella ritrovabile in un ottimo rapporto sessuale, con un partner o con l’ausilio manuale autonomo di parti anatomiche stesse, con ampia generalizzazione di metodi e usi. Un orgasmo, signori, un orgasmo di intensità e purezza ineguagliabile.

Il pulsante, inserito all’altezza dello sterno, si rivela comodissimo per chi, per problematiche di organizzazione lavorativa o casalinga, non può perder tempo in inutili preliminari, senza sciogliersi d’abito e senza l’ausilio di letture o visioni erotiche, o pensieri e immagini pornografiche.

Non si suda, non si sporca (l’apparecchio non influisce sulla escrezione di qualsivoglia liquido), si ottimizzano i tempi.

Laddove se ne senta la necessità, click, e l’estasi è subitanea.

Siete in coda alla cassa del supermercato, e vedete una donna piacente? Click, e il vostro matrimonio non correrà rischi, l’istinto è subito sopito.
Avete mal di testa? Un click, e il corpo si rilasserà, la mente ne gioverà e potrete continuare i vostri impegni abituali.

E’ auspicabile che per certe patologie, come l’ansia e la depressione, il medico di base possa indicare una cura specialistica, tre orgasmi al dì prima dei pasti, o uno la sera per superare recidive d’insonnia.
Molte situazioni di coppia risultato di vicendevole dipendenza sessuale (pensiamo a Corona e Nina Moriç, Kate Moss e il fidanzato eroinomane, Maria De Filippi e Costanzo) potranno finalmente risolvere problemi esistenziali e al bisogno, un click, e l’impellenza terminerà giovando alla comunità intera.

Nelle prospettive dello studio si immagina un progressivo cambiamento nei rapporti interpersonali, prevedendo che il pulsante orgasmico possa a breve sostituire la prosaica stretta di mano. In visite ufficiali, ma anche in regolari convention, o incontri al bar o al club, un click reciproco renderebbe, ne conveniamo, il mondo migliore.

Addio a pornografia spiccia, allo spam osceno, alle prostitute nelle strade e al libertinismo sessuale: un click, e potremmo dedicarci all’arte, alla musica, alla filosofia, e perchè no…allo sport. Nonchè alla buona e sana conversazione, perchè no, intercalata da affettuosi click vicendevoli, nel nome del benessere universale.

Stiamo trattando con il Ministro Turco per affinare una strategia che possa agevolare una universale distribuzione del nostro innovativo congegno, senza diversità di razza e classe sociale.

Anche tu, si, anche tu blogger potrai avere il tuo click, passato dalla mutua. E buon orgasmo a tutti.

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Ho un post beissimo in testa. Il post da spiaggia. Pensato e ragionato tutta ieri.

Tutto incentrato mnemonicamente sulle basette.

Ma adesso mi son girate le balle. E allora niente.

Tutta colpa di quella stronza che m’ha fatto le carte quella volta, e che dice che quello li è l’uomo della mia vita. Cazzo, nemmeno la possibilità di sperare di togliermelo dai maroni una volta o l’altra.

Domani. Domani ve lo scrivo. Abbiate pazienza.

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Ieri l’ho fatto.

Lo faccio spesso, una volta a settimana come minimo, ma se sento che manca qualcosa…lo faccio anche più giorni di seguito.

Insomma, mi sforzo di trovare un lato erotico alla spesa. Macchè.

La prima fase sta nella lista: di solito un foglio piccolissimo che o verrà dimenticato a casa, o si intrufolerà nell’angolo della tasca dei jeans, quello alto, e si disintegrerà al primo lavaggio in lavatrice. E comunque, tornando a casa e preparando la cena, ci si è dimenticati la solita cosuccia fondamentale. Con relativo giramento di mozzarelle.

Io poi vorrei conoscere il microcefalo che ha deciso che, col cambio da lira a euro, i carrelli dovevano suddividersi in 50 cent, o 1 euro, o 2. Ma scegliere una monetina unica cosa cazzo ti costava?

La scelta del supermercato è data dalla coscienza.

Il centro commerciale è immenso: prendi il carrello ed entri. Tutti insieme, verso l’entrata meravigliosa della Gigantesca Missione della Massaia. Tutti insieme, classi sociali miste, tutti a spingere il vuoto della propria dispensa, colmi di buoni propositi e con in tasca la bibbia del buon consumatore. Ineguagliabile la gioia di passare vicino ad un corridoio, e dirsi " ….si! la lampadina!", felici di ritrovarsi in quel girone infernale che è il Settore Informatica, il primo che trovi, ed essersi ricordati qualcosa di necessario. All’inizio, si, li ci mettono le cazzate. Quelle che in carrello le metti, che la coscienza è ancora fresca.  Prima di arrivare al settore alimentare (in foooondo in foooondo) hai più tentazioni che il Nazareno nel deserto. Se hai figli, sei finita.

Arrivi alla cassa e ovviamente ti accorgi che la lampadina ha l’attacco grosso, e a meno che tu non l’abbia presa per altri scopi (secondo tentativo di rendere erotica la spesa), devi tornare a cambiarla. Ottima idea è attaccarsi alle commesse in roller (altissime, peraltro), rubando uno skate dal reparto sportivo, in pochi minuti si arriva dall’altra parte della giungla.

Il conto è aberrante. Ed hai preso due cazzate. Per reparto.

La seconda scelta sta nel supermercato sotto casa. Che costa seivolte tanto. La cassiera ti conosce per nome, scherza con tuo figlio, e fa commenti. Odio i commenti. Se voglio chiacchierare, vado dalla parrucchiera. Che poi, chi è che ha messo nel corso di acconciatura, tra meches e permanente, "studio di come conoscere i cazzi delle vostre clienti". Secondo me lo fanno anche alle cassiere.
Che poi, al banco dell’affettato, tu vuoi giusto "un etto di prosciutto". E loro ti imbrombolano, ed esci con una vaschetta di chele di granchio, l’insalata russa fresca fresca (anche se tende all’arancione), due etti di mortadella, con ciocolina blu omaggio, tre di bresaola e una forma di asiago fresco. Che in realtà è Emmenthal. Io odio l’Emmenthal.

E le cremine? Ne compri di sei tipi diversi, e costano venti euro l’una. Tanto poi la pazienza di mettertele la sera non ce l’hai, e faranno comunità dietro alla spalliera del letto.

La soluzione spettacolare è il discount. Adesso poi ci sono le merendine della Kinder e la pasta Barilla, al discount. Incredibile. Dici, qui risparmio. Ti dimentichi che comprerai un quarto di ciò che ti serve, perchè metà lo comprerai comunque nel super sotto casa, e l’altro quarto lo dimenticherai (miseria, e guardare meglio in tasca? magari trovi la lista della spesa dell’altra settimana…).
Però avrai un set di cacciaviti da 4 euro e novanta. Una panca-contenitore per i giocattoli del bimbo (che non saprai dove azzo mettere, una volta tornata a casa). Cinque ciotole blu (che faranno pandant con quella della mortadella). Uno stand per abiti. E sedici scatoline di biscottini austriaci di marzapane.

Arrivi a casa, e la gioia immensa (dopo i tre piani di scale) è poter riporre tutto al suo posto. Ognuno ha la sua tecnica.  Io distinguo la roba del bagno (che ripone il gabry, talmente bene che la perdiamo) dalla pasta e merendine, lo scatolame sull’armadio sopra, le bottiglie sotto, il vino in frigo (tutto!), e latticini yogurt e affini in frigo. Tutto, in frigo. E per farci star tutto, devi togliere quello che c’è dentro. E dentro ci sono gli yogurt scaduti, la mozzarella che muggisce, l’insalata russa che ha preso vita propria. Un mostro di maionese e sottaceti.  Fai un cambio alla pari, rifletti sulle chele di granchio, ormai marmorizzate.

E’ un’impresa stancantissima. Dopo due giorni, per giunta, ti dici: ma non c’è un tubo da mangiare! E ricominci. Al super hai mille idee culinarie, a casa buio pesto. 

E chiami pizza Express.