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Ho un concerto.

Ho un concerto.

Amici: HO UN CONCERTO.
Mi vien da piangere dalla commozione. E no, non è una battuta.

Non so nemmeno se mi sento pronta, se sono ancora capace.
Ho una serie di paure, dimenticherò le strutture, sbaglierò quel tema, andrò a fragole in quel giro di solo, chissà se verranno ancora a sentirmi, tutti pensieri che addirittura superano il “che cazzo mi metterò che ormai vivo in felpa”.

In questo momento mi rendo del tutto conto che cosa ci è passato addosso, cose che non abbiamo detto, non abbiamo pubblicizzato ne’ confidato a nessuno: quel dolore sordo, perdere la nostra identità, il nostro essere, il motivo per cui ci si svegliava la mattina. Sono un musicista, ma se non suono allora cosa sono?

Quando Paolo mi ha confermato la data mi è partita la paura, l’inadeguatezza. Io, che ho una faccia di bronzo da sempre, che ho fatto il primo concerto a 8 anni, io inadeguata. E poi, pian piano, la paura di illudersi, magari ce lo annullano di nuovo, cazzo e se mi ammalo?, metti che piove, e via così.

Io indietro non voglio tornare. Io nemmeno voglio voltarmi, a guardar dietro, a quel giorno in cui vedevo solo concerti annullati, di tutti, dai piccoli ai grandi, tutti a casa. E fan culo ai balconi e ai video-collage suonati a distanza. Fatemi suonare per voi.

Ora vado a studiare.

Poi compro una felpa nuova. Coi lustrini.

In cosa consiste il decreto sulla musica dal vivo.

In cosa consiste il decreto sulla musica dal vivo.

Ieri è passato in Senato (EDIT: ed anche alla Camera) quel punticino in cui si propongono nuove regole per poter organizzare eventi dal vivo. La musica dal vivo liberalizzata, yeah yeah, eccetera. (Su Repubblica sembra davvero tutto figo)

Ma io (che già mi son sposata una volta e ho imparato che certi begli avvenimenti magari nascondano delle chiaviche niente male) non mi sento di far festa ed aprire bottiglie. Mica solo perché tanto deve prima passare in Parlamento (EDIT: è passato, l’8 ottobre). Sarà che tutte ste cose annunciate in pompa magna mi insospettiscono sempre, beh, mi son informata, ho cercato dei riscontri reali.

Passo a pie’ pari sulla discussione in aula, non me ne vogliate, avrei un sacco di battute per quel cabaret, se non fosse tanto triste il repertorio su cui ironizzare. Vi rimando al sito del Senato per i dettagli di colore.

Il decreto si concentra su una fascia specifica di spettacoli dal vivo: quelli con un limite di 200 spettatori, con durata che non superi le ore 24.

– Ma finora serviva l’autorizzazione?

Ecco: in circoli privati o teatri no, ma nemmeno nei locali. Poniamo esempio, la mia regione cita la L.R. 29 art.31 del 25/09/2007 cita esplicitamente :

Art. 31

Attività accessorie

1. Fermo restando il rispetto della normativa vigente in materia, le autorizzazioni di cui all’articolo 8, comma 1, abilitano all’installazione e all’uso di apparecchi radiotelevisivi ed impianti in genere per la diffusione sonora e di immagini all’interno dei locali abilitati all’attività di somministrazione e non allestiti in modo da configurare lo svolgimento di un’attività di pubblico spettacolo o intrattenimento.

2. Le autorizzazioni di cui al comma 1 abilitano, altresì, alla effettuazione di piccoli intrattenimenti musicali senza ballo in sale dove la clientela accede per la consumazione, senza l’apprestamento di elementi atti a trasformare l’esercizio in locale di pubblico spettacolo o intrattenimento e senza il pagamento di biglietto di ingresso o di aumento nei costi delle consumazioni. È comunque fatto salvo il rispetto delle disposizioni vigenti ed, in particolare, di quelle in materia di sicurezza, di prevenzione incendi e di tutela dall’inquinamento acustico.

Quindi, se suono in un locale, senza maggiorazione ai tavoli o biglietti d’ingresso, il gestore non ha nessuna autorizzazione da chiedere. 

– E allora chi chiede l’autorizzazione?

Chi organizzava un evento o manifestazione magari in luogo pubblico, in un parco, una piazza.

– Come funziona sta cosa di chiedere l’autorizzazione?

Si va in Comune, si compila un modulo, in marca da bollo (da 16 euro). A seconda del tipo di evento si allegano una planimetria dell’area interessata, foto delle eventuali aree verdi, programma dettagliato della manifestazione, dichiarazioni varie (di chi organizza, soci, gestori punti ristoro, ecc). Di solito si dovrebbe presentar domanda 60 giorni prima dell’evento, ma spesso la pratica si conclude in una settimana, in tempo anche per i ritardatari. Versamento dei diritti di istruttoria (qui da me son 100 euro). L’ufficio prepara la pratica, richiede i diversi pareri (polizia municipale, verde pubblico, eccetera) e prepara l’autorizzazione. E’ tutto piuttosto veloce (qui da me, almeno) e serve a verificare che ci siano le condizioni, di sicurezza in primis, per una tale manifestazione. Per grandi eventi è utile anche per predisporre un servizio di sicurezza o prevedere ambulanze o quant’altro, prevedere i flussi (affiché non ci sian blocchi del traffico, eccetera).
Se agli eventi partecipa anche l’amministrazione (spesso accade) questa trafila la segue il Comune direttamente.

Arrivati i pareri, preparano l’autorizzazione e l’organizzatore va a ritirarsela (con un’altra marca da bollo da 16 euro).

 – Cosa propone invece il decreto valorecultura?

Una semplice Scia, in cui si comunica la manifestazione. Nessun pagamento, presentazione al Comune e via, ma attenzione, solo per manifestazioni sotto le 200 persone. Se io organizzo un concerto in piazza è complesso prevedere che ci saranno solo 200 persone…..  Per i locali si continuerà a non pagare e richiedere nulla come autorizzazione, come ho spiegato prima, a meno di biglietto di entrata o maggiorazioni.

– Quindi abbiamo VINTOH!

No spetta…. quanti concerti/evento si fanno, su suolo pubblico/privato e sotto i 200 spettatori, e non in locali o teatri? Una piccola fetta. Comunque un successo, in questa Italia che non ne viene mai fuori dalle scartoffie.
Gli stessi impiegati che ho contattato mi hanno confermato che era una logica conseguenza di tutto un meccanismo di semplificazione burocratica, che strozza più gli uffici comunali che il singolo cittadino. Insomma, non sono molto sicura sia una vittoria di una petizione online, come ho letto in questi due giorni.

– Ma quindi si aiuta la musica dal vivo o no?

Il macete vero e proprio, quello che cala sulla testa dei gestori/organizzatori che voglion far musica, ma soprattutto sui cachet (e sui contributi previdenziali) dei musicisti, è sempre quello: la Siae. Ben più costoso di quei 132 euro (ipotesi veneziana) di autorizzazione comunale che risparmieremmo ora. Quindi, a conti fatti, è cambiato ben poco: la Siae si continuerà a pagare.

Però. Però sembra che il discorso SIAE e legislazione del nostro mestiere sia prepotentemente entrato nell’OdG del Senato. Sembra che a passettini qualcosa si muova. Poco, ma si muove.

Ora: della vittoria (circa) di ieri si son presi i meriti tutti. Da chi ha firmato la petizione, a chi l’ha proposta, esposta, a chi l’ha sostenuta, a siti singoli, associazioni e quant’altro.  Eh, ma mica è finita qui, raga. E’ lunga, mica possiamo accontentarci delle patatine. Dobbiamo continuare l’opera di condivisione e martellamento di media e quant’altro, abbiamo diritto al pranzo completo. E se faccio una metafora col cibo quotidiano, eh, chiedete ad un musicista quanto sia appropriata…..