Decisioni dall’alto

Decisioni dall’alto

E niente. La scorsa settimana ho sognato il mio papà, in quello spiraglio di semincoscienza tra il sonno profondo e il risveglio della mattina, quando la prima sveglia è già suonata, ma ti appisoli lo stesso.

Era sorridentissimo, il viso più ingrasato, e portava una giacca di camoscio. Camoscio? Mio padre, sempre in completo scuro, camicia e cravatta inappuntabile anche in ferie, con una giacca di camoscio… impensabile.

Si vede che lassù si usa così.

E quindi. Son con mia mamma, dal marmista, a decidere della pietra del loculo. Il colore della resina per l’iscrizione, il tipo di portafiori, la lampada votiva. Mettici la croce, mettici l’N.H. (che siam pur sempre nobili), mettici il dott.,  cavaliere no che non gli è mai piaciuto. Bon.
La foto, la foto la sceglie mia mamma. Ne tira fuori alcune, sempre le stesse, quelle dell’epigrafe.

Ma non sorride mai.

Il Gabry dice che il nonno tanto non sorrideva mai, aveva più uno sguardo tra il sereno e il pensieroso. Mia mamma però insiste.

E quindi, tira fuori una loro foto (“è di qualche anno fa’”, ovvero novembre ’97…) di un loro viaggio a Zara, la città di nascita di mia mamma. Sono al ristorante, qualche buona bottiglia di ottimo rosso davanti, e lui sorride.

Che ve lo dico a fare, ha la camicia perfetta e la cravatta immobile al suo posto. E una giacca, appunto, di camoscio.

…okay papà, ho capito, mettiamo quella.

Ciao.

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