Ce la posso fare.

Ce la posso fare.

E’ da marzo che ho un post-it sul frigo, con il numero della organista. Da marzo devo chiamarla per un concerto, dopo 12 anni che non suonavamo insieme. Ma ammettiamolo, su Vivaldi non puoi svisare… mi tocca studiare. Scale arpeggi note lunghe. Mica panzane.

Un mese fa, lampo in mezzo al buio del mio cervello bacato, decido di chiamarla, fissare il concerto, affrontare e rianimare il mio passato da flauta seria, classica, concertistica. Che a parte sprazzi qua e là, il concertone serio lo salto allegramente da anni, più propensa al giess, all’ipòp, al moderno, all’arte (volendo, anche più difficile) dell’improvvisazione. Si studia si, ma in modo differente, meno pragmatico.

Ma il mio papà ci tiene. Il mio papà che non è venuto al mio diploma di jazz, che non mi ha nemmeno mai sentita cantare, perchè nel suo immaginario io posso suonare, proprio al limite, un Morricone. Niente di più "leggero". Purtroppo, il resto per lui (e per la soprano-contessa madre) son tutte "canzonette".

Le mie note lunghe hanno lo stesso utilizzo del rumore di un ottimo aspirapolvere. Gli arpeggi partono bene, ma salgono a strozzo di gallina. Le scale sono state vietate dal Protocollo contro la pena di morte per la cudeltà inaudita. Suonare Bach senza renderlo swingante è un successone. Dare senso logico a Handel, già più difficile. Non parliamo dei trilli, che invece che misurati e settecenteschi, sembrano un assolo di eminem. 

Il confronto tra il curriculum dell’organista e il mio, sembra tra il menù dell’Hilton e quello di Mac Donald. Lei è un soufflé delicato aromatizzato alle spezie berbere, con guazzetto di champignon alla Regina di Prussia. Io invece, un Happy Meal.

Il programma? Ovviamente estroso. Con alcuni pezzi che ignoro. Poi io, molto figa, le ho detto "massì…fai tu". E poi, da vere profescionàl, niente prove, ci vediamo il giorno prima dai, così "ti do’ le parti". Parti che studierò (forse) la sera prima del concerto.

La notte immagino chilometri e chilometri di biscrome e semibiscrome che mi si attorcigliano al collo come un’anaconda.

Ce la posso fare.

Forse. 

14 pensieri riguardo “Ce la posso fare.

  1. Vedi, è l’anno in più compiuto da poco che ti fa affrontare le prove classiche e di un certo stile….

    🙂

    Silly

  2. Massì fla che ce la fai, il classico è classico…una volta che lo impari ti resta nel sangue (come andare in bicicletta), devi solo mettere un pò d’olio alle rotelle e vecrai che pedalate decise!

    P.S. ma proprio Vivaldi? E’ forse uno dei pochi che non mi è mai piaciuto suonare

  3. Io sono convinta che ce la farai anche meglio di come ti aspetti… Non ti ho mai sentita suonare, ma ho la sensazione che tu suoni prima di tuttocol cuore, ed è quello l’importante, oltre ai virtuosismi senza anima.

    Bacio.

    PS: Ieri serata jazz con pochi intimi, sono rimasta incantata per tutto il tempo. In questi casi mi domando perchè non ho studiato musica…

  4. @mata, tu non sai quante volte mi son chiesta perchè non ho fatto la commercialista..

    @eco, e lo so che te ci godi, porka di quella miseria!

    @gatto, ma dai, chi si rivede… mi mancava la tua dolce cattiveria…. pensando a te, vedrai, avrò la grinta giusta!

    @sillyna, ti dirò, più invecchio e più ringiovanisco…

    @sissola, in effetti le dita vanno anche meglio. Questi anni di virtuosismo jazzari hanno sciolto la tecnica senza volerlo. Già va molto meglio. Ma deve andare ancora più meglio.

    Ah, pure io non reggo Vivaldi. Ma c’è pure Piazzolla, Rota, Morricone…programma interessante.

    @cinas, hai assolutamente ragione, le cose improvvisate son quelle che danno più soddisfazioni.

    Eh si che suono col cuore. E’ per questo che sono in panico. Perchè voglio riuscire ad avere i mezzi per mettercelo tutto il cuore.

    Perchè ci saranno i flautagenitori (che non vengono ad un mio concerto da innumerevoli anni), inclusa la sorda madre (che speriamo mi senta). E ci sarà il mio nome in giro per il mio quartiere di nascita, verranno colleghi, amici, nemici. E soprattutto, gente che suona ben meglio di me.

    E’ una cosa complessa.

    La meno tanto, ma non ho paura. E’ solo l’adrenalina, la voglia di voler fare il meglio. Eppure ho suonato in momenti e posti più “rischiosi”, ma non so, stavolta ho il desiderio di mettermi alla prova.

    E’ il primo concerto serio dopo il guado. Sarà questo.

  5. da flautista: note lunghe e vedrai che ce la fai!!!

    jacktisana

  6. Lei, cara Flauta, è ovvio che ce la può fare, quindi il punto è un altro: ce la DEVE fare.

    Altrimenti non sarebbe più Flauta, dovrebbe cambiare nome, guado, blog e quant’altro.

    Nel frattempo, non si sa mai, ma dove e quando si manifesterà il Suo Evento ? sa com’è, dovessi passare da quelle parti …..

    Aspetto una Sua foto con il Flauto d’Oro.

    Marco

  7. A Mestre, perdinci. In piazza Ferretto c’è pure il manifesto, oltre che in vari lochi (giusto per rendere lo sputtanamento più imperioso).

    Se ha voglia di passare, passi. A suo rischio e pericolo..

  8. @errare, magari no, eh?

    @tobyna, la meno tanto, lo so. Ma ogni tanto bisogna imporsi un obiettivo per ravvivare la monotonia della vita moderna. Che al logorio ci pensa il cinar.

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